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domenica 20 febbraio 2011

Libia: le incognite di una rivoluzione inattesa

La crisi libica ha delle peculiarità per l’europa e per tutto l’occidente, che la diversificano dalle altre crisi nord africane ed a quelle del Bahrein o dello Yemen. Le coincidenze sono con la ricerca disperata del riconoscimento dei diritti civili, in un quadro di dittatura, probabilmente ancora più invasiva che negli altri regimi. Ma l’europa si trova spiazzata di fronte a questa rivolta che mette in crisi una dittatura con la quale aveva raggiunto una sorta di equilibrio. Gli aiuti per bloccare le migrazioni che partivano dai porti libici sono storia recente, come storia recente sono gli accordi economici per costruire le infrastrutture di un paese pronto a lanciarsi nell’economia globale, seppure con le limitazioni del caso. Non sono storia recente i rapporti economici tra Libia ed Europa per la fornitura di gas e petrolio, con un traffico verso il vecchio continente stimato nell’85% della produzione di Tripoli. Anche gli USA, dopo gli accordi del 2003, pur non gradendo Gheddafi, su quel fronte dormivano sonni tranquilli. La Libia era un sostenitore del terrorismo internazionale, con contributi economici ed anche pratici, che facevano del capo della Libia un obiettivo da bombardare; ma dopo quell’accordo la situazione era stata regolamentata. I paesi occidentali sono in mezzo al guado, appoggiare le legittime richieste del popolo libico sarebbe scontato, come avvenuto per gli altri popoli in rivolta, tuttavia i legami e gli aspetti che potrebbero conseguire da questo appoggio, dovuto ma non dato, preoccupano le cancellerie. Gheddafi da parte sua ha già, di fatto, allentato i controlli dai suoi porti, nonostante i denari già incassati, per permettere ad un nutrito numero di migranti di salpare alla volta della UE; la minaccia è concreta, l’Italia, in prima battuta, e la UE in seconda, non sono in grado di sostenere una ondata migratoria che oltrepassi i numeri previsti. Esiste anche l’arma del ricatto energetico, bloccare le importazioni di gas è un deterrente pesante per la fame di materia prima essenziale per la produzione industriale e per le esigenze civili. Infine esiste la minaccia terroristica, per ora neppure paventata; Gheddafi potrebbe venire meno agli accordi presi nel 2003 e fomentare una massa popolare che lo vede come il leader politico dei paesi, come si diceva una volta, non allineati. Non mancherebbe il materiale umano ed anche politicamente la Libia potrebbe trovare un buona numero di paesi alleati, sempre che esca indenne dalla rivolta. In questo quadro una alleanza con regimi del calibro dell’Iran non sarebbe un’idea peregrina, con il risultato di avere le navi iraqene davanti alle coste italiane. Un’altra considerazione è doverosa, nell’ipotesi di una sconfitta di Gheddafi, il futuro sarebbe ugualmente un punto interrogativo per l’occidente per l’incertezza che risulterebbe da chi potrà prendere il potere.

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