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venerdì 25 novembre 2011

Dietro alla crisi dell'Euro

Sulle prospettive dell'euro ormai le ipotesi si sprecano. Mai come in questo momento, dove perfino i titoli tedeschi vanno invenduti, non vi è alcuna certezza, addirittura sulla vita della moneta unica europea. E' una situazione paradossale, fino all'estate, ma anche dopo, l'euro era la divisa più forte, tanto da sostituire, in alcune economie, il dollaro come moneta di riferimento. L'avvitamento di alcune economie, prima fra tutte quella greca, che si è scelto di non salvare fin da subito con interventi strutturali da parte dell'Europa, dispensando, viceversa, anche con ragione, consigli e rimbrotti, ha rotto la diga che ha permesso alla speculazione di sfondare, trascinando nella difficoltà altri paesi, ben più pesanti nella complessità del sistema. Ma perchè proprio ora l'euro è entrato in difficoltà, quando le condizioni erano già presenti e conosciute prima? La sola spiegazione della speculazione non può convincere completamente, non può essere soltanto una somma di speculatori tesi a guadagnare dalla sconfitta dell'euro a determinarne la sua possibile fine. E' vero che sono stati fatti errori marchiani e ripetuti da più di un soggetto che doveva regolamentare e sopratutto vigilare sulla questione, ma questo può bastare a decretare una simile e rovinosa caduta? Il sospetto che ci sia una o più mente pensante dietro a questo sviluppo di cose non può non sfiorare chi è spettatore dei fatti. Senza dubbio, anche se sul lungo periodo, una caduta dell'euro, con il ritorno a tutta la frammentazione delle singole monete nazionali, sopratutto senza una organicità univoca dell'economia europea, conviene sia alla Cina che agli USA. L'Europa, forse tranne la Germania, che sarebbe però fortemente indebolita, diventerebbe un conveniente mercato da colonizzare, non solo in senso strettamente economico, ma anche politico. La difficoltà sarebbe riuscire ad assorbire un periodo dove il principale cliente di Pechino e Washington, non sarebbe più in grado di ricevere le merci, fatto parzialmente bilanciato dalla nuova condizione europea di non essere più un concorrente pericoloso. In questa fase la contrazione delle vendite potrebbe essere ulteriormente compensata indirizzando il flusso di vendita verso nuovi mercati in espansione e l'incremento verso la clientela dei maggiori paesi emergenti. L'Europa, divisa e con le monete locali tornate in auge, sarebbe costretta, specialmente nelle economie più deboli a fare ricorso a politiche inflattive per ricercare maggiore competitività per i propri prodotti, ma nel contempo sarebbe costretta ad un indebitamento incontrollato per l'approvigionamento delle materie prime, diventando cosi' preda di potenze dotate di maggiore liquidità. E' una prospettiva reale, che si può ostacolare soltanto con l'unità continentale di tipo politico, anche soluzioni più ristrette, mantenendo cioè una unione monetaria dei soli paesi con economie virtuose, come prospettato da alcune ipotesi, si arriverebbe soltanto ad un soggetto comunque più debole nell'agone internazionale, non in grado di avere il sufficiente peso politico per bilanciare il peso dei soggetti più grandi. Se tale ipotesi può sembrare fantapolitica, si pensi alla strategia cinese di riempire di immigrati con grandi disponibilità economiche, che quindi generano più di un sospetto sulla reale necessità di lasciare la loro terra di origine, i paesi occidentali. Tale metodo appare chiaramente guidato da una strategia politica alle spalle del fenomeno, che contempla una sorta di invasione dal basso nelle strutture produttive del paese oggetto dell'immigrazione. Queste avanguardie costituiscono l'inizio della colonizzazione sopratutto perchè rifiutano una integrazione con il tessuto sociale pre esistente, rinchiudendosi in comunità a se stanti, che finiscono per fornire argomenti ad i gruppi e partiti localistici, che tanto premono su queste tematiche. Ancora una volta l'antidoto è il rafforzamento dell'unione politica continentale, per rinforzare e rilanciare la moneta unica, unico baluardo sicuro contro le speculazioni economiche.

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