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martedì 17 gennaio 2012

Il ruolo della Cina nella questione del petrolio iraniano

La questione dell'embargo all'Iran costituisce l'ennesimo scoglio sul cammino della ripresa mondiale. Anche senza arrivare al blocco totale delle esportazioni del greggio di Teheran, il solo averne ventilato la possibilità ha provocato un immediato rialzo dei prezzi al barile, che va ad aggravare uno stato generale dell'economia del pianeta non certo in buona salute. Anche ragionando sul medio periodo, se non si riuscirà a fare fronte al fabbisogno stimato di materie prime legate all'energia, anche il gas, non solo il petrolio, si potrebbe dovere rivedere i programmi stilati per una possibile ripresa, che appare, comunque, ancora problematica. Per tutte queste ragioni il primo ministro cinese Wen Jiabao, quindi il capo del motore economico più grande del pianeta, ha ritenuto doveroso richiedere la collaborazione degli Emirati Arabi, per ottenere rassicurazioni sulla volontà di aumentare la produzione giornaliera di barili di greggio per compensare l'eventuale diminuzione di esportazione iraniana. La mossa della Cina, che non aderisce alle sanzioni di Washington ed anzi le ha condannate, mira a tutelare la propria economia da problemi di approvigionamento, che potrebbero derivare dal più volte minacciato blocco dello stretto di Hormuz, Pechino, infatti, importa circa il 15% del proprio intero fabbisogno petrolifero dall'Iran. Sul piano dei rapporti internazionali, la manovra del Presidente cinese non sarà indolore in seno all'OPEC. Dati i rapporti già tesi tra i due dei soci più pesanti: Arabia Saudita ed Iran, la mossa cinese è destinata ad acuirne i motivi di scontro, che, va sottolineato, vanno aldilà dei meri dati sui quantitativi della produzione. Va anche detto che Pechino sta dando prova di una abilità diplomatica notevole, che ne dimostra la capacità di restare in equilibrio, mantenendosi sostanzialmente equidistante tra le parti e nello stesso tempo riuscendo a salvaguardare i propri interessi. Certo gli strumenti in mano a Pechino sono consistenti: da un lato la potenza economica che ne fa un cliente per i produttori di greggio altamente solvibile grazie alla grande liquidità disponibile e capace quindi di assorbire grossi quantitativi di produzione e dal lato diplomatico il possesso di un seggio permanente nel Consiglio delle Nazioni Unite, permette spazi di manovra decisamente superiori ad altre nazioni grazie al potere di veto. Pechino ha più volte affermato di lavorare per la pace della regione, ciò rappresenta un proprio interesse preminente, giacchè permette di controllare l'andamento dei prezzi dei prodotti petroliferi, intimamente legati alla capacità produttiva cinese. Frattanto l'iniziativa cinese ha provocato le reazioni iraniane, che vedono, con la manovra del premier di Pechino, il vanificarsi dei propri piani che vertono proprio sulla leva del greggio per spaventare le economie, non solo occidentali. Ma le dichiarazioni del ministro del petrolio saudita Ali al-Naimi hanno cercato di smorzare le polemiche, specificando che l'aumento della produzione dei paesi arabi è dettato essenzialmente dall'aumento della domanda, omettendo però le ragioni che stanno causando questa domanda. Il ruolo della Cina, trascinata dentro la questione del nucleare iraniano per ragioni commerciali, rischia, alla fine, di essere il principale alleato degli USA, anche se in maniera indiretta; resta da vedere quale strategia ora sarà capace di elaborare Teheran per combattere le sanzioni, che hanno prodotto per la Repubblica Islamica una perdita di clienti e quindi di valuta sostanziosa. Il tour diplomatico del presidente iraniano nei paesi latino americani può coprire una parte dell'ammanco venutosi a creare, ma non può coprire in uguale maniera il senso di accerchiamento che si è venuto a creare, anche grazie all'inasprimento dei rapporti con gli stati sunniti della penisola arabica. Se l'Iran si sentirà ancora più sotto scacco la speranza è che non ricorra a soluzioni estreme, come quelle più volte minacciate, per riuscire a trovare una via di uscita.

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