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lunedì 16 gennaio 2012
Il Qatar favorevole all'intervento in Siria
Nonostante le rassicurazioni del Presidente siriano Assad, che ha più volte promesso la democratizzazione della vita politica del paese con riforme, in verità, mai partite ed amnistie per i ribelli al regime vigente, la repressione nel paese continua attraverso spargimento di sangue, grazie ad azioni militari in grande stile. Oscurata dalla cronaca, sopratutto per i temi economici, la vicenda siriana è lontana da una risoluzione in un senso o nell'altro, con il regime, che malgrado lo schieramento di forza messo in campo, non riesce ad avere ragione della protesta, che anzichè placarsi sembra aumentare di intensità con il passare del tempo. La situazione preoccupa la Lega Araba, alla ricerca di un ruolo di primario livello nel panorama internazionale. La necessità dell'affermazione di un organismo sovranazionale nei paesi arabi passa, oltre che dai tavoli delle conferenze, anche dal concreto intervento nelle aree di crisi. La situazione siriana agli occhi del mondo rappresenta un caso che può dare la necessaria visibilità ad una ipotetica azione diretta, anche con un intervento armato da parte di un soggetto interessato a conquistare posizioni di preminenza nel teatro internazionale. Principale fautore di questo interventismo è l'emiro del Qatar, lo sceicco Hamad bin Khalifa al Thanin, che spinge per uno schieramento di truppe sul territorio siriano, giustificandolo con ragioni umanitarie. In effetti la situazione del paese di Damasco sta diventando giorno dopo giorno sempre più critica, con masse di persone che spingono ai confini, sopratutto quelli turchi per sfuggire alla repressione della dittatura. Il problema dei profughi è direttamente connesso con quello dell'esercizio della violenza e la situazione nei campi allestiti nei territori immediatamente contigui ai confini siriani è sempre più critica. Il Qatar non è nuovo ad iniziative basate sull'impiego di uomini e mezzi per la risoluzione di crisi internazionali, infatti, già per la guerra libica si è distinto per avere assunto il comando delle operazioni alla conclusione della missione della coalizione occidentale dei volenterosi. Ma oltre le ragioni umanitarie vi è una concreta apprensione dei paesi vicini alla Siria, che temono una deriva del paese, che ricopre con il suo territorio una valenza strategica altissima, oltre al timore di una influenza ancora maggiore di quella attuale da parte iraniana. Non è difficile leggere infatti dietro l'interventismo della Lega Araba l'azione di retroguardia dell'Arabia Saudita e quindi, seppure indirettamente degli Stati Uniti, per una normalizzazione del paese siriano in senso anti iraniano. Il vero obiettivo è disinnescare la bomba siriana ed ottenere un governo almeno neutrale, che non permetta a Teheran di usare gli altopiani di Damasco come base di lancio dei propri missili per minacciare Israele ancora da più vicino. Perchè in ultima analisi è proprio questa la ragione del possibile intervento, togliere all'Iran il terreno sotto i piedi per potere esercitare il suo ricatto e nel contempo togliere ad Israele i prestesti per un attacco preventivo contro la Repubblica Islamica, che potrebbe portare una regione piuttosto estesa in un clima di guerra.
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