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lunedì 19 marzo 2012

Nel mondo sale la spesa per gli armamenti

Nel mondo cresce il commercio e quindi la produzione delle armi. Quello militare si rivela ancora un mercato florido grazie ad un incremento del 24% nel periodo tra il 2007 ed il 2011. I movimenti dei prodotti bellici
offrono una lettura della situazione geopolitica che si sta sviluppando. Mentre i maggiori esportatori, USA, Russia, Germania, Francia e Regno Unito, mantengono invariate le loro posizioni, tra gli acquirenti si registra la notevole attività dell'India, che è la nazione che più ha investito in armamenti. Resta sempre singolare come paesi che hanno problemi di alimentazione, in India vi è il più alto tasso di denutrizione tra i bambini, impieghino gran parte del loro bilancio per scopi militari. Ma il caso indiano è particolare, perchè denota una volontà di dotarsi di una forza armata particolarmente equipaggiata, non certo per farne sfoggio in parate, ma per prepararsi a scenari futuri che potranno essere potenzialmente pericolosi. La crescente rivalità economica con la Cina si riflette anche sul piano delle alleanze diplomatiche, i contatti sempre più frequenti tra Pechino ed Islamabad, preoccupano non poco Nuova Delhi. Peraltro la stessa Cina continua la sua politica di armamenti, compiendo addirittura un salto di qualità da paese compratore ad esportatore, arrivando addirittura a diventare la sesta nazione al mondo nella classifica dei venditori di armi. Uno dei motivi dell'escalation cinese è proprio lo speciale rapporto che la lega al Pachistan, diventato il primo cliente di Pechino nel mercato bellico. Si tratta, quindi, di segnali pericolosi per l'India, che risponde con un investimento capace di creare un potere di dissuasione per evitare che eventuali nemici possano attaccarla. Quello che si sta creando nella regione è una sorta di equilibrio del terrore tra le due più grandi potenze emergenti. Analizzando invece la direzione, verso Corea del Sud, Australia ed Emirati Arabi Uniti, degli armamenti, che gli USA producono, si evince la volontà americana di rafforzare la propria strategia di protezione dei propri alleati e delle vie di comunicazione di Oceania, penisola coreana e Giappone e consolidare la propria presenza nel Golfo Persico, dove si è anche registrata una vendita massiccia di aerei da combattimento all'Arabia Saudita.
Particolarmente significativo è l'aumento degli acquisti di armamenti nei paesi attraversati dalla primavera araba, un mercato dove gli USA sono molto attivi, quasi che il risveglio democratico abbia sollecitato la volontà di dotarsi di adeguati strumenti per difenderlo. Ma anche in aree che sembrano più tranquille si è registrato l'incremento della spesa militare; infatti nei paesi sudamericani, in special modo Cile, Venezuela e Brasile l'importazione degli armamenti si è impennata in modo considerevole. In una valutazione globale occorre rilevare che non esistono, alla fine, grandi differenze tra paesi che si avviano a standard più elevati, come la Cina, il Brasile e la stessa India, che grazie alle loro economie hanno compiuto passi da gigante e stati che restano arretrati, su tutti il Pachistan, nei capitoli di bilancio destinati alle spese militari. L'importo della spesa è sempre molto ingente ed il fatto non può che confermare che la pace nel mondo non sia così stabile come si può credere, ma che anzi, si basi proprio sull'equilibrio degli armamenti, che hanno sostanzialmente una funzione dissuasoria dell'atto bellico attivo. Questo fattore rappresenta una estensione di quello che già succedeva negli anni della guerra fredda, con la variazione sostanziale che gli attori coinvolti nel processo non sono più soltanto due. Ciò crea una situazione di maggiore incertezza perchè lo scenario militare si è allargato, comprendendo anche stati dove il meccanismo di potere e quindi di esercizio della forza, non è più così sicuro e codificato come per USA ed URSS. Di fronte a questo proliferare pericoloso degli armamenti, occorrerebbe una moratoria internazionale gestita dall'ONU, ma il grande movimento di denaro generato dall'industria bellica rende vana questa speranza.

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