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martedì 29 maggio 2012

Per l'Europa salvare la Grecia è l'investimento migliore

Secondo recenti stime la somma per salvare la Grecia sarebbe intorno ai 400 miliardi di euro; non è certo poca cosa, ma nemmeno moltissimo se questo investimento potesse permettere di superare, non soltanto la crisi finanziaria della UE, ma sopratutto la crisi poltica incombente. In questo momento Atene è sottoposta a fortissime tensioni da parte dei membri più forti dell'Unione Europea, Germania e Francia, che sostanzialmente stanno praticando prestiti ad altissimi tassi di interesse, in una visione di cortissimo raggio. Per Berlino ciò è imposto dall'incalzare dei sondaggi elettorali sfavorevoli alla Merkel, sebbene la data delle elezioni, il 2013, sia ancora troppo lontana. Questo è la ragione principale che determina l'assenza di elasticità tedesca nei confronti di Atene. Per la Francia la questione è più tecnica che politica, nonostante il neo eletto Hollande prema per politiche di crescita, le banche francesi sono le più esposte nei confronti del debito greco ed una eventuale insolvenza del governo ellenico potrebbe provocare una serie di fallimenti di illustri istituti bancari francesi con ricadute evidenti sul credito e sull'economia del paese. Ma in un quadro del genere la solvibilità greca non è certo garantita dai prestiti ad alto tasso, la cura rischia di essere infatti, probabilmente, peggio della malattia, aggravando ulteriormente una situazione già insostenibile a livello sociale. Inoltre una caduta di Atene aprirebbe il baratro anche per la Spagna, il Portogallo, l'Italia ed anche per paesi fino ad ora creduti al riparo come l'Olanda. E' uno scenario che rischia di vanificare tutto l'impianto politico dell'Unione, quale futuro potrebbe esserci per una federazione di paesi senza l'aspetto psicologico della moneta unica o peggio con velocità differenti? Si è detto più volte che l'euro sconta l'assenza di una adeguata protezione politica sia a livello normativo che di azione governativa, dovuto alla scarsità dell'impianto legislativo ed esecutivo dell'Europa e questo è stato confermato a più livelli dall'evoluzione della crisi attuale; tuttavia non è ancora troppo tardi per mettere in campo azioni e strumenti che sottolineino la volontà, qualora essa ci sia veramente, di dare un segnale sia alla speculazione, il nemico da regolare più urgentemente, che allo scetticismo verso l'europa unita che sta rapidamente scivolando verso espressioni di populismo, capaci di annullare definitivamente la costruzione della casa comune europea. Aiutare immediatamente la Grecia attraverso una manovra della Banca Europea, concordando un reintegro del debito più tollerabile, è la prima mossa da mettere in campo per arginare con sicurezza i pericoli futuri ed immediati, certo questa soluzione deve essere programmata con una visione di lungo periodo, che abbracci anche una evoluzione politica delle istituzioni europee. Anche la Germania dovrà rinunciare a quelle che sono le retribuzioni più alte del continente, per investire sulla competitività globale dell'Europa, una competitività in grado di concorrere nel mercato mondiale puntando a livelli qualitativi alti che consenta il mantenimento delle quote di mercato nei prodotti di eccellenza. Ma queste quote possono essere mantenute soltanto continuando a fare in modo che sia possibile l'accesso a questi prodotti anche alla stessa Unione Europea, perchè perdere i mercati continentali significa impoverimento e scarso sviluppo sia di produzione, che di innovazione e quindi di ricerca. I tanti populisti di moda nei vari paesi europei si contraddistinguono per un motivo comune, che consiste nel ritornare ad una divisione che porti, in definitiva alla cancellazione del progetto europeo. Pensare di potere competere con colossi del calibro della Cina, dell'India e del Brasile, senza parlare degli USA, andando divisi e magari utilizzando politiche inflazionistiche è totalmente fuori dal tempo e rappresenta un comportamento irresponsabile se non complice di chi sta dietro alla speculazione. Salvare la Grecia non mette fine comunque ad una situazione difficile, che richiede continui interventi, ma, senza dubbio, costituisce il primo essenziale tassello da cui ricostruire lo spirito europeo.

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