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martedì 29 aprile 2014

La Russia tra spinte nazionaliste e isolamento internazionale

La politica russa di Putin, improntata al nazionalismo, non sembra indietreggiare di fronte alle sanzioni USA ed europee; quello che emerge, ormai in tutta la sua chiarezza è una strategia che mira a riconquistare per Mosca, quello che è sempre stato ritenuto il proprio spazio vitale, perso con la caduta del comunismo. In questi anni il nazionalismo russo è stato sempre ben presente nella vita politica del paese ed ha costituito la leva fondamentale che ha permesso a Putin di vincere le competizioni elettorali. Se nei paesi dell’ex blocco sovietico questo fenomeno è stato sempre monitorato attentamente, non è stata la stessa cosa per gli USA, che lo hanno fortemente sottovalutato, preferendo concentrarsi su altre aree del mondo. Si spiega così l’impreparazione con la quale la Casa Bianca si è trovata a fronteggiare, senza una politica sempre univoca e decisa, la questione ucraina. Anche l’Europa, ammaliata dai capitali russi che si sono riversati nel vecchio continente, sta tenendo un atteggiamento ambiguo di fronte all’evidente infrazione delle norme del diritto internazionale. Questi atteggiamenti, spesso tentennanti, non contribuiscono ad una risoluzione rapida e certa di una questione di cui il mondo ed il sistema economico globale non avrebbero certamente bisogno. La conseguente incertezza sui mercati, dettata dall’evoluzione del raffreddamento dei rapporti internazionali, è la prima conseguenza tangibile di uno stato di fatto sempre più preoccupante. Tuttavia la Russia è la parte che ha più da perdere sul terreno della competizione globale; le speranze di affidarsi ad un partenariato con la Cina, almeno sul piano economico, visto che su quello politico non è possibile, per il teorema incrollabile della politica estera cinese, che prevede il divieto di intromissione negli affari interni degli stati, non sembrano essere supportate dalle esigenze stesse della globalizzazione. Per Pechino è essenziale non avere alcuna ripercussione di tipo economico con i paesi occidentali ed, inoltre, una Russia privata della libertà di movimento delle proprie merci sul piano internazionale, rappresenta una controparte non completamente affidabile, per i tempi ed i modi richiesti dal sistema produttivo nell’ambito globalizzato. Se si dovesse arrivare al blocco dell’attività finanziaria dei capitali russi, dopo un primo momento di mancanza di liquidità, i mercati troverebbero comunque un proprio assestamento, che potrebbe provocare ingenti danni all’economia di Mosca. Lo stesso discorso vale per il gas e le materie prime in campo energetico: alla fine dei conti tutto l’occidente, compreso i paesi orientali dell’Europa, attesta circa al 10%, sulla quota complessiva, il valore dell’importazione russa. Gli squilibri che vedono le maggiori importazioni da Mosca da parte dell’Europa dell’est potranno essere ripianati con una diversa politica delle importazioni. A quel punto per la Russia non si può che pensare ad un futuro di semi autarchia, in un mondo che si muove a livello globale. Putin rischia di trovarsi isolato nell’arena internazionale e rinchiuso nella entità sovranazionale, che vuole ricalcare l’URSS, che vuole costruire. Se questo aspetto dovesse verificarsi è credibile che Mosca diventi ancora più pericolosa perché compressa al suo interno. Al nazionalismo russo non basterà avere soddisfatto il suo desiderio di egemonia entro quelli che ritiene i suoi confini naturali, vorrà primeggiare anche a livello mondiale, cosa ben difficile in un regime internazionale di esclusione. A questo proposito occorre sottolineare come fattore estremamente positivo che la massima carica statunitense, sia ricoperta da un democratico, che in questa occasione, grazie alla sua cautela, sta riguadagnando il prestigio internazionale perduto in varie vicende, prima tra tutte quella siriana. Non molti cronisti in questi giorni stanno ricordando che il candidato repubblicano, durante l’ultima campagna elettorale, aveva messo la Russia nel mirino, ritornando a rinverdire i fasti della guerra fredda. La calma e la ponderatezza, scelte da Obama per la gestione della situazione resta l’aspetto più positivo dell’intera vicenda, soprattutto in questi giorni, dove il pericolo della terza guerra mondiale è stato richiamato da più parti. In ogni caso in questo momento siamo tornati indietro nel tempo, quando esisteva la cortina di ferro ed il mondo, pur non essendo più spaccato in due singoli blocchi, appare profondamente diviso. Il potere di Putin, nell’ambito interno, appare molto saldo, anche grazie ad un sistema di norme e regole, che ha saputo cancellare quasi del tutto una opposizione in grado di contrastarlo dall’interno del sistema. Questo aspetto rende ancora più difficile la soluzione della questione ucraina e del suo possibile allargamento ad altre zone che i russi ritengono loro proprietà. Soltanto la diplomazia e le misure restrittive, come le sanzioni, potranno ridurre la Russia alla ragionevolezza, ma è facile prevedere che non basterà qualche lista di nomi non graditi, ma che occorrerà fare sul serio su finanza ed energia.

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