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martedì 29 settembre 2015

La Germania è ancora legittimata a guidare l'Europa?

La questione dello scandalo delle automobili tedesche pone in rilievo delle questioni di opportunità alle quali il governo della Germania non potrà esimersi dall’essere coinvolto. Intanto il dolo è accertato, non si tratta di illazioni o di semplici sospetti, la casa automobilistica tedesca ha truccato i dati, che si riferivano alle emissioni inquinanti, sopratutto in un paese, gli Stati Uniti, molto sensibile al tema dell’inquinamento ambientale, per riuscire ad incrementare il proprio volume di vendite. Negli organismi statali tedeschi preposti al controllo vi è stata una evidente mancanza, ma questo rilievo non è neppure il peggiore, dato che Berlino è azionista del gruppo automobilistico incriminato. Questo fattore rappresenta, da solo, un colpo tremendo alla credibilità del paese che si vuole porre, ed anzi esercita già questa supremazia, alla guida dell’Unione Europea. Il problema, dunque, non riguarda i soli confini nazionali tedeschi, ma investe il passato ed il futuro dello sviluppo politico ed economico della struttura europea. Se si pensa ai tanti richiami al rigore rivolti a diversi membri di Bruxelles ed alla rigidità dimostrata nella trattativa con la Grecia, occorre domandarsi con quale diritto la Germania imponeva letteralmente il proprio punto di vista, grazie alla propria forza economica, dato che parte di questa potenza era costruita sulla menzogna. Appare chiaro che non tutto il sistema produttivo della Germania si basa su mistificazioni, come, altrettanto, non occorre dire che tutta l’industria tedesca ha usato metodi non leciti, per dubitare della effettiva legittimità di Berlino di esercitare quella sorta di dominio, che ha finora esercitato; ma è, altresì, legittimo nutrire dubbi sull’intero sistema industriale tedesco, se una delle maggiori industrie del paese, che ha lo stato come socio, è riuscita ad ingannare i consumatori e quindi gli stessi bilanci aziendali. Il fatto che l’industria incriminata si fosse data degli obiettivi troppo alti, costituisce, poi, una aggravante del caso in questione, perchè contribuisce a formare un prodotto interno lordo attraverso il quale il governo tedesco esercita un potere politicamente già squilibrato nei confronti di stati esteri, che dovrebbero essere alla pari, perchè membri di una stessa istituzione sovranazionale. Il caso ha evidenziato come la stessa Germania abbia assunto una posizione incerta verso i consumatori ed i paesi alleati, mancando da subito di quella necessaria capacità di decisione tanto esercitata nei confronti di altri paesi. La stessa Europa è parsa disorientata di fronte alla inaspettata mancanza tedesca ed, anzi, ne è rimasta ostaggio nella precarietà della situazione. La vicenda, quindi, offre diversi spunti di riflessione, che non sembrano essere colti, volutamente, dai componenti dell’Unione Europea. Eppure mai occasione è stata migliore per ridefinire, in senso totalmente opposto a quello finora attuato i rapporti tra gli stati, riequilibrando lo strapotere tedesco esercitato in maniera illegittima e, nello stesso tempo, prevedere sanzioni per quelli stati, che in veste di socio di aziende che praticano comportamenti scorretti, non esercitano il dovuto controllo o peggio ne possono essere complici. L’integrità dell’istituzione statale e la sua capacità di esercitare i dovuti controlli, appaiono requisiti troppo importanti per non essere assicurati di fronte ai cittadini dello stato stesso e dei paesi con i quali si è stretto una alleanza così particolare come quella su cui si vuole fondare l’Unione Europea. Ora si tratta di vedere quali saranno i comportamenti di Berlino nel futuro politico prossimo, quando non si potrà non evidenziare che i discorsi ed i proponimenti del governo non erano sostenuti da comportamenti sufficientemente virtuosi, per lo meno sotto l’aspetto della vigilanza e quindi i voleri della Germania non potranno essere sostenuti dalla forza morale di cui fino ad ora si è fatta scudo.

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