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lunedì 30 maggio 2011
Riflessioni sul possibile ingresso della Serbia nella UE
La questione dell'ingresso della Serbia nell'Unione Europea va confrontata con il caso turco ed il suo esito negativo. Di tutti gli stati ammessi alla UE, solo la Turchia avrebbe consentito uno sviluppo dell'economia comunitaria verso oriente, uno stato con delle contraddizioni interne da sanare certamente, ma comunque uno stato in espansione che avrebbe consentito di non pesare sul bilancio comunitario, inoltre uno stato dove la componente convinta dell'ingresso in Europa costituiva la maggioranza. Alla fine, fondamentalmente, hanno prevalso le ragioni religiose, si è ritenuto cioè che la differenza di credo potesse minare l'unità dell'Unione. La Turchia si era impegnata non poco, compiendo grossi progressi nell'ambito della democratizzazione, anche se gli standard raggiunti non avevano completamente soddisfatto i gradi richiesti da Bruxelles. L'interruzione del negoziato per l'ammissione ha indirizzato la Turchia verso l'area immediatamente confinante ed ha generato un ruolo da protagonista nell'area, che comprende tra l'altro una buona parte di Mediterraneo, di fatto l'esclusione ha generato un avversario, seppure pacifico, ai confini dell'Europa. La domanda da porsi è sulle modalità di ingresso nell'Unione, perchè accogliere stati euroscettici fin dall'inizio del loro percorso all'interno dell'istituzione comunitaria, che di fatto hanno generato divisioni dentro le istituzioni europee? Il processo inclusivo non sembra essere stato abbastanza selettivo ed ora la UE si trova spesso a che fare con spinte endogene che possono portare valori contrari allo spirito fondativo dell' unità europea. E così veniamo alla Serbia, la manovra della cattura del generale Mladic e della immediata richiesta di ingresso in Europa sono collegate a filo doppio; la UE si può fidare di uno stato e di un governo che agisce fuori dai parametri di legalità che la UE pretende? E sopratutto è conveniente dare corso alle richieste di una nazione dove le spinte nazionaliste ed antieuropee sono così forti? La richiesta pare soddisfare soltanto un bisogno economico e politico, che ponga la Serbia sullo stesso piano delle nazioni circostanti, più che un reale sentimento europeista. Già in precedenza sono state ammesse nazioni con scarso entusiasmo per la UE, ma Bruxelles ha continuato le inclusioni basandosi sul principio che un aumento dei componenti dell'Unione fosse l'unica garanzia per renderla più forte. In sostanza si è scelta la quantità a scapito della qualità, non si sono cioè preferite soltanto quelle nazioni con autentici sentimenti europeisti. La Serbia, per il proprio recente passato, è rimasta ai margini della UE più di altri paesi dell'area, ma i dubbi sull'opportunità di un suo ingresso devono essere valutati attentamente e senza fretta alcuna: non vi è alcun bisogno di membri non sicuri.
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