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sabato 25 giugno 2011
Considerazioni sul ritorno delle frontiere interne della UE
Con la reintroduzione del controllo interno di frontiera nei pesi dell'area di Schengen, la UE compie un passo indietro nel processo unificatore che dovrebbe portare al compimento degli Stati Uniti d'Europa. E' bastata l'emergenza libica per fare crollare quello che era un castello di carte, fondato sull'acquisto, in moneta sonante, della collaborazione dei dittatori della sponda sud del Mediterraneo, che assicuravano il contingentamento dell'emigrazione, con metodi spesso violenti. Alla fine la politica europea sul problema migratorio era tutta così condensata: un puzzle non organizzato di misure tampone, costruito indipendentemente stato per stato, con modalità spesso in contrasto. Quello che è emerso è tragico per le legittime speranza dei popoli europei, che hanno governi nazionali incompetenti e strutture sovranazionali inette. Se un colosso come l'Europa non riesce a trovare un piano di intesa, che non sia la chiusura e l'irrigidimento, per un problema epocale come l'emigrazione vuole dire che ha i piedi d'argilla. Ma il problema costituisce un segnale che va ancora oltre perchè significa che si sta affermando sempre più la tendenza frammentatrice su quella aggregatrice e ciò, se non vuole dire fine sicura, va nella direzione di una profonda diminuzione della spinta unificatrice europea. Quello che sta succedendo è l'apertura di una breccia, che se non sarà subito richiusa, può provocare un diverso atteggiamento su altri temi cruciali per la vita dell'Europa. Ma questo è anche un risultato figlio delle tendenze politiche localistiche e xenofobe, che stanno condizionando le nazioni europee, non è un caso, infatti, che il provvedimento sia partito da Francia ed Italia, paesi in eterna vigilia elettorale, dove il partito di Marine Le Pen e la Lega Nord, esercitano sui governi in carica pressioni molto forti, tali da condizionarne l'azione politica. Per converso, significa anche, che la UE non ha la forza necessaria e neppure gli strumenti per contrastare queste spinte endogene che lavorano per allontanare lo spirito unificatore. L'errore dei legislatori europei è stato quello di non cogliere la nascita di queste esigenze localistiche fin dalla loro nascita ed operare per ricondurle all'interno dell'alveo europeo, valorizzandone i contenuti positivi, come la salvaguardia delle tradizioni, ma senza essere in grado di smorzare gli eccessi negativi come la paura del diverso; anzi in alcuni casi è stata proprio l'istituzione comunitaria a fare in modo di essere percepita come ostacolo al mantenimento delle particolarità locali, ma viceversa, di essere un fattore di omologazione proveniente dall'alto. Si è mantenuto un atteggiamento burocratico quando i tempi consentivano una certa tranquillità per affrontare un cambiamento graduale, ma il tempo è passato invano e le situazioni contingenti come le crisi economiche ed i cambiamenti epocali delle primavere arabe si sono abbatuti in maniera che i lenti tempi di risposta della UE non potessero elaborare una risposta adeguata.
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