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martedì 26 luglio 2011

La xenofobia sintomo dell'occidente

L'attentao di Oslo e' solo l'ultima avvisaglia del pericolo xenofobia che mette a repentaglio l'intero globo. Stiamo vivendo in una epoca sempre piu' contrassegnata dallo sviluppo, a vari stadi, dall'esasperazione dei conflitti relativi alle differenze. Ci sono tante cause dietro questa situazione esplosa essenzialmente per ragioni economiche, ma che dietro ha un accumulo di tensioni, troppo sottovalutate. Fin che è stato valido l'equilibrio del terrore, basato sulla contrapposizione dei due blocchi est-ovest, detentori della forza atomica, tensioni di questo genere sono state soffocate da altri tipi di tensioni, prime fra tutte quelle politiche. Sono passati pochi anni, ma in realtà politicamente e socialmente è come se fosse trascorsa un'era geologica. Assetti ed equilibri ben definiti non erano incrinati da potenze emergenti, perchè di fatto assenti, e la stessa vita diplomatica correva entro binari già definiti e tracciati. Il problema migratorio era spesso contenuto entro confini di norma segnati da accordi internazionali, la durezza delle condizioni di vita era mitigata da forme di tutela che, pur nella loro freddezza, cercavano di assicurare le minime garanzie. Non che il razzismo e la xenofobia erano assenti, ma non erano certo organizzate in partiti, e meno che mai al governo. Uno degli effetti della caduta del muro di Berlino, poco indagato dagli specialisti è stata la relazione tra questo fatto ed il crollo dei partiti politici tradizionali, che con tutti i loro difetti, assicuravano un controllo nei confronti di eventuali sbandamenti dei loro iscritti, mantenendo anche un potere di indirizzo sui loro elettori. Anche dal punto di vista degli ordinamenti statali si è fatto ben poco per prevenire lo scenario attuale, senza intuire la portata degli effetti che poteva avere la sottovalutazione e la successiva mancata regolamentazione del fenomeno. In altre parole non si è dotata la società degli anticorpi necessari, mediante leggi e sufficienti ammortizzatori sociali, cioè un mix di misure di tipo politico e pratico, per prevenire la deriva verso una frammentazione sociale basata su territorio, religione ed in molti casi censo. L'assenza di norme, agli albori dei fenomeni migratori, che sapessero regolamentare gli accessi e l'integrazione ha poi rotto definitivamente il piccolo diaframma che collegava i nascenti movimenti localistici alla società nazionale. L'affermazione di questi movimenti, che si incentrano sul rifiuto dell'integrazione e del diverso, ha spesso inglobato elementi culturali estremi, giustificanti visioni di razzismo e xenofobia, molto pericolosi dal punto di vista sociale. Quello accaduto ad Oslo è sicuramente una delle punte massime che possano accadere, ma sottovalutarne l'impatto ed anche la possibile emulazione sarebbe da incoscenti. Oltre all'innalzamento dei dispositivi di polizia, occorre produrre una radicale conversione delle coscenze attraverso tutti le possibili strade, trascurate fino ad ora. E' ormai improcrastinabile una azione degli enti nazionali e sovranazionali che regolino con normative ad hoc e programmi di sostegno adeguati che determino la scomparsa, o almeno l'attenuazione delle cause della proliferazione dei fenomeni che costituiscono l'incubazione della xenofobia.

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