Arriva dalla mitteleuropa la contestazione alla chiesa cattolica. In Austria si sta sviluppando un movimento che richiede di variare alcune norme che regolano la vita del clero. Ben 329 preti hanno lanciato una vera e propria "chiamata alla disobbedienza", con la quale si rivendica il matrimonio dei sacerdoti, l'ordinazione femminile, una revisione sulla posizione della chiesa sul tema dei divorziati, fino alla possibilità per i laici di guidare le parrocchie.
Secondo un sondaggio effettuato nei gironi scorsi in Austria circa il 76 % degli interpellati vede con favore le rivendicazioni dei ribelli cattolici. Questo movimento crea profonda apprensione nelle gerarchie cattoliche, tanto che il teologo Zulehner ha richiesto alla chiesa cattolica di dare risposte in breve tempo, per evitare un eventuale scisma. La questione è delicata, la chiesa non può non tenere conto delle istanze modernizzatrici provenienti sia dai fedeli, che dallo stesso clero. Quello messo sul piatto dai "ribelli" austriaci è probabilmente troppo per la chiesa romana guidata da Ratzinger, tuttavia non può che avviare una discussione su temi che stanno diventando sempre più attuali per tutto l'insieme del cattolicesimo caratterizzato, ormai, da una struttura gerarchica e sociale ingessata ed ormai inadatta a fornire risposte sia al clero che ai fedeli. La crisi delle vocazioni, del seguito dei fedeli, che normalmente non sono i festanti ragazzi delle giornate della gioventù, che non si riconoscono più in una forma esteriore e talvolta falsa, il distacco delle gerarchie dai problemi sociali ed infine il problema della pedofilia hanno generato un malcontento diffuso, che in Austria ha preso una piega che non pare facilmente risolvibile. In casi del genere le risposte del Vaticano sono di rigida chiusura, ma in questo caso non proporre qualche apertura potrebbe rivelarsi controproducente. Le argomentazioni del leader dei sacerdoti rivoltosi Helmut Schuller, sono, per molti versi inappuntabili, in quanto le richieste, per lo meno su diverse questioni, sono solo di ratificare dei dati di fatto ben conosciuti alle gerarchie. Non è un mistero che la politica della chiesa cattolica su casi giudicati spinosi, come relazioni affettive o sessuali da parte di sacerdoti, sia quella di ridurre la cosa al silenzio per non destare scandalo nei fedeli, trattando la cosa in modo ipocrita. Mentre in altre confessioni cristiane l'adeguamento ai più moderni usi sociali non è stato un problema, nella chiesa cattolica si è insistito su di una via ormai anacronistica, che, tra l'altro, non tiene conto della funzione femminile nella struttura, se non in modo marginale; mentre in altre confessioni la donna è parificata all'uomo nel servizio alla chiesa, Roma, pur affermando dichiarazioni di principio, vuote nel loro significato pratico, insiste nel tenere un ruolo subordinato alle donne nelle funzioni e nella gerarchia. Non vi è dubbio che se la protesta dovesse uscire dai confini austriaci potrebbe venirsi a creare una spaccatura in seno al cattolicesimo tra chi è maggiormente sensibile alle istanze di modernizzazione della chiesa e la parte più conservatrice; quello che potrebbe avvenire è in sostanza una divisione tra alto clero ed una parte minoritaria dei fedeli e basso clero ed una parte maggioritaria dei fedeli, sopratutto quelli proiettati verso una chiesa più attuale.
Mai come in questo momento, con le grandi masse di popolazione, che si dicono cattoliche, che subiscono le ingiustizie dei mercati finanziari ed hanno sempre più sete di giustizia sociale, una proposta come quella austriaca potrebbe fare breccia. Per il Vaticano una sfida da non sottovalutare assolutamente pena una consistente perdita di importanza e di influenza.
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