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sabato 17 settembre 2011
Israele-Palestina: problema coloni
Mancano pochi giorni al venti settembre, data fatidica della discussione dell'assemblea dell'ONU sul riconoscimento dello stato di Palestina e si fanno più forti i timori di disordini, in special modo in Cisgiordania, il nucleo forte dei seguaci OLP e di Abu Mazen, da dove è partita l'iniziativa della richiesta di riconoscimento presso le Nazioni Unite. I maggiori timori vertono su quello che sarà l'atteggiamento dei coloni israeliani che hanno impiantato i loro insediamenti in modo irregolare, fuori dai confini fissati dai trattati. Le loro paure di essere sfrattati rischiano di trasformarsi in atti violenti contro gli arabi, innescando, così, pericolosi focolai di violenza. I coloni che stanno in questi insediamenti irregolari, sono spesso appartenenti all'estrema destra confessionale ebraica e ritengono il territorio di cui si sono impossessati loro proprietà in forza dei precetti religiosi, proprio per queste ragioni sono molto determinati e diapongono di interi arsenali militari. Il loro atteggiamento verso gli arabi è di ripulsa totale ed in più di una occasione si sono resi protagonisti di atti di vandalismo contro proprietà arabe. Il loro metodo è creare terra bruciata intorno ai propri insediamenti, in modo da tenere un perimetro di sicurezza da eventuali intrusioni arabe. Se lo stato di Palestina dovesse essere riconosciuto sarebbe difficile anche per lo stato israeliano continuare a difenderli, se non violando, come già fatto, le leggi internazionali nei confronti di uno stato sovrano. I coloni rappresentano in effetti una pericolosa anomalia per il diritto internazionale, essendo cittadini di altro stato, stanziati in forma abusiva su territorio straniero. La questione è uno dei punti caldi dei rapporti tra Israele e Palestina e l'ottuso atteggiamento del governo di Tel Aviv, rappresenta la prova della mancata volontà di proseguire nelle trattative. Non bastano, infatti le poche demolizioni di facciata operate dal governo, per sanare la situazione. Anzi il metodo del fare finta di niente rappresenta la strategia governativa per guadagnare terreno in modo illegale al nascente stato di Palestina. Lo stato di Israele è stato più volte sollecitato a fare rispettare i confini ai suoi cittadini, anche da USA ed UE, ma ha solo fornito rassicurazioni di circostanza, non seguite da azioni concrete. Se la dichiarazione dell'assemblea ONU sarà positiva per la Palestina è facile immaginare azioni di ritorsione immediate contro gli arabi, cui seguiranno rappresaglie arabe, sarebbe opportuno che Israele prevenisse questa facile ipotesi, ma Tel Aviv ha interesse ha soffiare sul fuoco per delegittimare da subito lo stato di Palestina con le solite argomentazioni ed aggiungendo anche l'incapacità di mantenere il controllo sulla propria popolazione. Il fatto dei coloni è quindi una vera e propria testa di ponte, che Israele usa per aumentare il proprio territorio in modo subdolo e contrario al diritto internazionale. Eliminare questo problema metterebbe Israele dalla parte giusta per ripartire per la risoluzione del problema palestinese.
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