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mercoledì 14 settembre 2011
Le ambizioni turche
Per la Turchia si aprono ben due fronti militari. In realtà si tratta di due problemi già conosciuti, ma che, al momento subiscono una accelerata pericolosa. Le dichiarazionidi provenienti dal governo di Ankara, infatti, ribadiscono la chiara volontà di schierare le proprie navi militari al fianco della prossima flottiglia umanitaria diretta a Gaza. Per il momento, però non è prevista alcuna partenza ed i discorsi turchi sono funzionali all'innalzamento della tensione con Tel Aviv. Dietro queste dichiarazioni vi è la volontà turca di affermarsi come potenza regionale e diventare il faro dell'islamismo moderato che sta andando ad affermarsi nelle primavere arabe. Il progetto è chiaro, aggregare i movimenti moderati attraverso un facile nemico comune e diventarne leader. Politicamente ed economicamente è un grosso investimento, la Turchia rifiutata dall'Europa guarda al altri alleati ed altri mercati da posizione privilegiata. Israele, con le dichiarazioni caute, molto caute, del proprio vice primo ministro, mostra di affrontare la situazione con molto pragmatismo, al contrario dei metodi soliti praticati da questo governo. La presa d'atto che i due paesi sono strategici per gli USA, ed un conflitto aperto non sarebbe sopportbile per i due paesi, porta Tel Aviv a mettersi di fronte alla situazione con cautela, nella speranza di recuperare l'amicizia turca. L'atteggiamento israeliano, questa volta potrebbe portare ad una soluzione del problema, che risulta strategico più per Tel Aviv, alla fine, che per Ankara. Dietro a tutto ciò vi è il silenzio USA, che non vuole dire disinteresse, ma, anzi, massima preoccupazione, trattata con iniziative molto riservate. L'altro fronte turco è il Kurdistan, regione autonoma iraqena, da dove vengono diretti gli attacchi contro i militari turchi e più volte violato da azioni di ritorsione dell'esercito di Ankara. Il problema del passaggio senza permesso di militari di un'altra nazione, ha destato più di una lamentela in sede internazionale. Per altro la posizione iraqena non è troppo preoccupata, la questione curda crea preoccupazioni anche a Bagdad. Tuttavia l'intenzione della Turchia è di concordare proprio con le autorità iraqene le azioni che prevedono lo sconfinamento in territorio straniero. Comunque la Turchia non tralascia neppure l'opzione diplomatica per arginare il fenomeno del terorismo curdo: inontri con le autorità del Kurdistan iraqeno sono previsti per i membri del governo di Ankara. L'attivismo turco diventa così il cavallo di battaglia di Erdogan, che dopo avere avuto discreti successi riguardanti l'economia, con una crescita del PIL apprezzabile, grazie al lungimirante sguardo gettato verso l'oriente della regione, punta ora a ritagliarsi uno spazio diplomatio e militare degno di una media potenza. Ciò che Erdogan vuole è una Turchia che conti di più, non solo nell'area regionale ma anche a livello mondiale, estendendo la propria influenza verso le nascenti democrazie arabe. Si tratta di un progetto ambizioso che ha qualche possibilità di riuscita perchè l'elemento fondamentale su cui punta è quello religioso e sociale.
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