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martedì 24 aprile 2012
La UE teme per il successo dell'antipolitica e del populismo
Se al mondo della grande e piccola finanza conviene l'affermazione di partiti con orientamento conservatore, di centro, di destra moderata e perfino di una sinistra cosidetta progressista, cioè sensibile in buona parte alle istanze dei banchieri e degli uomini d'affari, cercando un compromesso spesso impossibile con le proprie idee di partenza, le ultime tendenze elettorali del vecchio continente vanno nel segno opposto. L'affermazione di partiti di estrema destra, con connotazioni xenofobe e populiste, vanno di pari passo con i successi e le sempre maggiori simpatie che riscuotono i movimenti di estrema sinistra, che ritornano in auge, dopo anni di oblio. E' il chiaro segno di un malessere diffuso nella popolazione europea, dove il disorientamento politico ha preso il sopravvento a causa di sempre maggiori sacrifici imposti alla cittadinanza, senza che questa ne senta il mtovi e, sopratutto, la ragionevole responsabilità. Il clima di sfiducia verso i partiti, che in Italia viene definito come anti politica, è un fenomeno che si allargato a macchia d'olio ed materialmente palpabile in ogni singola nazione europea. Il primo effetto preoccupante è l'indifferenza verso l'elettorato attivo che si esplica con la rinuncia ad esercitare le proprie funzioni elettorali, disertando le urne. La crescita dell'astensionismo è un fenomeno composto da due componenti: la prima è il rifiuto come ribellione all'incapacità ed alla disonestà dei politici, la seconda, che è connessa con la prima, è il mancato riconoscimento con alcuno dei candidati presenti sulla scheda elettorale; non si vota perchè il cittadino non sente alcuna comunità d'intenti o senso di appartenenza con i partiti e neppure si fida delle persone che si presentano al voto. L'elettore, in definitiva, non viene messo in condizione di esercitare il proprio diritto per mancanza oggettiva di condizioni materiali. La quota crescente di astensione dovrebbe fare riflettere i politici, ma finchè questa percentuale di non votanti non verrà computata al fine della distribuzione dei seggi, togliendo il corrispondente numero di seggi assegnabili in ragione del numero di chi non ha esercitato il diritto di voto, i partiti ed i loro candidati non saranno sanzionabili dei loro comportamenti. Questo perchè chi non vota accomuna ormai l'insieme dei movimenti ad una accozzaglia di incompetenti, nel migliore dei casi, e più spesso di disonesti. Si tratta di una visione che fino a poco tempo prima veniva definita senza mezzi termini qualunquista, ma con l'aumentare del fenomeno l'astensionismo è guardato con sempre maggiore rispetto, anche perchè si rafforzano e quindi ne forniscono giustificazione, le sempre più evidenti cause. Ma quando l'elettore si reca alle urne sceglie sempre di più movimenti estremi, che fanno della rottura con l'ordine vigente il loro programma elettorale, frammentando la protesta in schegge che possono diventare impazzite. E' la preoccupazione della stessa Unione Europea, che individua senza mezzi termini la tendenza politica in atto come vera e propria crisi accessoria del vecchio continente, da affiancare allo stato di difficoltà generato dall'economia e dalla finanza. I valori portanti di queste forze estreme sono contrari a quelli su cui si fondano le istituzioni europee ed il rischio di disgregazione del difficile e laborioso processo di unificazione dell'Europa è messo quindi a rischio dall'affermazione di queste forze politiche. Del resto esiste già l'esempio dell'Ungheria, dove il partito al potere, sta governando in dispregio delle direttive europee e costituisce un pericoloso precedente che mette a dura prova Bruxelles.
Uno dei timori concreti degli eurocrati si basa sul passato storico del continente, quando le notevoli crisi economiche hanno favorito la nascita di movimenti come il fascismo ed il nazismo, che hanno diversi punti in comune con le idee propugnate dai partiti di estrema destra che registrano una crescita dei consensi. Occorrerebbe sapere se questi timori sono per la messa in pericolo di quei diritti civili e politici che sono ormai dati per scontati o se perchè, in un modo o in un altro, il successo di queste formazioni, che sono anti sistema, possono mettere in pericolo i poteri economico finanziari, che sono ora al vertice della piramide in Europa. Il sospetto è legittimo, Bruxelles non ha fatto molto finora per contrastare l'influenza di una finanza particolarmente accanita, i cui effetti e costi si sono riversati su di una popolazione impotente. Anche nei confronti della supremazia tedesca poco è stato detto, per cui i timori, legittimi e tardivi, degli effetti dell'ondata di consensi alle formazioni di estrema destra non possono che essere accolti come una constatazione amara. Del resto è da molti anni che la destra europea è in crescita, proprio grazie a motivi ben conosciuti riconducibili, oltre che a crisi economiche prima latenti e poi più evidenti, anche a decisioni e provvedimenti talvolta assurdi e sopratutto calati dall'alto, senza cioè la necessaria elasticità rispetto al contesto dove dovevano produrre i loro effetti, che hanno contribuito in maniera netta al successo di formazioni che traggono la loro forza in territori circoscritti e spesso contraddistinte da elementi xenofobi. Anche se esiste una debolezza di fondo di matrice statutaria e normativa che consiste nella scarsa forza delle istituzioni europee, peraltro composte da uomini di quei partiti e di apparati oggetto della contestazione, sempre troppo debole è stato l'atteggiamento delle istituzioni comunitarie contro lo strapotere della finanza, perchè il grido di allarme, senz'altro giusto, sia da ritenersi sincero. A meno che la UE non cambi rotta in maniera rapida ed urgente e sappia coinvolgere la totalità del sistema Europa in un diverso atteggiamento, gli anticorpi verso la deriva populista sono destinati a diminuire. Se non intervengono variazioni consistenti in miglioramenti materiali per la vita della maggior parte della popolazione europea il pericolo del caos politico è praticamente una certezza.
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