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martedì 10 aprile 2012
Truppe siriane aprono il fuoco in territorio turco
Un grave episodio capace di peggiorare ulteriormente il clima diplomatico nei confronti della Siria, è avvenuto al confine con la Turchia, dove, proprio nel territorio di Ankara, sono stati allestiti numerosi campi profughi per i siriani in fuga dalle violenze del regime di Assad. A Kilis, nell'Anatolia Sud Orientale, truppe siriane hanno aperto il fuoco contro il campo profughi e gruppi di fuggitivi che cercavano di raggiungerlo. La distanza, di poche centinaia di metri, dell'ubicazione del campo, dalla frontiera siriana ha facilitato il compito dei soldati di Damasco, che hanno provocato almeno un morto e diversi feriti. Le ragioni dell'assalto andrebbero individuate, nella volontà di compiere una rappresaglia ad un attentato avvenuto nella città siriana di Salama. Secondo le versioni di alcune organizzazioni umanitarie la polizia turca non avrebbe risposto al fuoco. Questo fatto può soltanto indicare la volontà, per ora, da parte del governo della Turchia, di non rispondere a provocazioni, che potrebbero allargare il conflitto. Le relazioni tra i due paesi sono ormai irrimediabilmente rovinate, da quando Ankara ha condannato la repressione violenta di Damasco ed ha aperto i propri confini ai fuggitivi siriani. Ma può essere anche l'indicazione di una impreparazione ad un eventuale attacco da parte del regime siriano, oltre i confini del paese, anche se è difficile valutare se l'azione contro Kilis, sia una iniziativa personale di qualche comandante siriano, sfuggita di mano o se rientra in un effettivo piano di allargamento del conflitto. Questa ipotesi potrebbe essere suffragata dal tentativo di Assad di distogliere l'attenzione della repressione in corso nel proprio paese, una strategia che il dittatore di Damasco ha attuato più volte con una tecnica di azioni veloci, a cui è seguita una immediata ritirata, che costringono l'opinione pubblica internazionale ha distogliere, seppure per poco, la concentrazione mediatica sulla guerra civile in corso. In ogni caso, queste iniziative erano per lo più di tipo diplomatico, con l'azione di Kilis la questione siriana sale un gradino nella possibile evoluzione degli eventi, ricordiamo che la Turchia è un membro della NATO e lo statuto dell'Alleanza Atlantica prevede un intervento militare, in alcuni casi automatico, in caso di aggressione ad un paese membro. Del fatto è sicuramente consapevole il governo di Damasco, a cui non piace sicuramente dare una occasione così chiara ad un intervento armato sul proprio territorio. Se questo è vero resta in piedi un errore umano, che però è significativo, sullo stato di tensione e di scollamento delle truppe fedeli al dittatore, con il centro di comando. Particolarmente significativa è la tempistica dell'episodio, che avviene alla vigilia dell'inviato dell'ONU Annan. Difficile che il fatto non sia oggetto di discussione, anche perchè lo sconfinamento in territorio straniero, può portare a conseguenze capaci dell'allargamento del conflitto. Tuttavia il governo turco, per ora non ha mostrato di volere compiere ritorsioni, assumendo un atteggiamento di grande responsabilità, come ha sottolineato il Ministro della Difesa Ismet Yilmaz, che ha affermato che lo stato turco deve obbligatoriamente considerare tutte le eventualità che potranno verificarsi e prepararsi quindi ad ogni situazione che si presenterà, ma che questo stato di allerta non significa necessariamente prepararsi ad una guerra. L'affermazione è chiara, avvisa i vicini siriani che non saranno tollerate altre invasioni, ma nel contempo, attende gli esiti della missione di Annan, atteggiamento senz'altro concordato con l'alleato statunitense.
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