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giovedì 24 maggio 2012
Il cambiamento di rotta di Hollande può portare al blocco delle decisioni UE
Come previsto l'elezione di Hollande alla carica di Presidente della Repubblica francese, ha provocato una frattura in seno alla direzione impressa dal duo Merkel-Sarkozy. Il neo presidente di Parigi sta mantenendo gli impegni presi in campagna elettorale, volti ad incrinare la rigida egemonia tedesca nei confronti del debito pubblico a scapito della crescita. Nell'ultimo vertice europeo, in Olanda, è stato chiaro da subito che per la Cancelliera tedesca, tra l'altro punita da una consultazione elettorale anche nel proprio paese, è finito il periodo di supremazia, garantito, oltre che dalla forza economica tedesca, anche dal costante appoggio del presidente francese uscito sconfitto dalle urne. Hollande, inoltre, può contare sull'appoggio esplicito del premier italiano Mario Monti, alle prese con una situazione particolarmente difficile nel proprio paese, per avere imposto sacrifici molto duri senza, finora, averli bilanciati con provvedimenti efficaci sul tema della crescita, l'unico ritenuto indispensabile per la ripartenza dell'economia. La necessità di scalfire l'atteggiamento tedesco, arriva quindi da più parti e Berlino non può tenere conto di istanze così pressanti, che provengono anche dal proprio interno. Ma sebbene la leadership europea della Merkel sembri vacillare, non altrettanto la propria risoluzione nell'ostacolare i prestiti comuni europei, visti da più parti come necessari per sbloccare la situazione economica del vecchio continente. L'atteggiamento della cancelliera tedesca è dettato dall'intimo convincimento che i nuovi eurobond siano, da un lato un pericolo per l'aumento del debito e dall'altro una minaccia all'industria tedesca, perchè favorirebbero la concorrenza delle industrie degli altri paesi europei. Per la Merkel un cedimento sulla questione significherebbe anche un segnale di debolezza verso quell'elettorato che ancora rappresenta la base del consenso della cancelliera. Il rischio per l'intero sistema europa è di arrivare ad un blocco che rappresenterebbe un intoppo di non poco conto, nella soluzione della crisi. Anche perchè la situazione greca è tutt'altro che vicina a risolversi e malgrado le dichiarazioni di Berlino, che paiono francamente solo di facciata, la Germania è molto preoccupata da una uscita di Atene dalla moneta unica, con un poco remunerativo ritorno alla Dracma. Il pericoloso incrocio tra debito pubblico e debito degli istituti bancari rischia di fare retrocedere a posizioni meno nobili diversi paesi che si fregiano di bilanci in ordine e sopratutto la pericolosità dell'apertura di una falla di tali dimensioni nell'eurozona avrebbe conseguenze difficilmente sopportabili dall'intero sistema. Quali scenari si aprono così alla spaccatura franco-tedesca? Se si esclude una uscita tedesca dall'euro con un impossibile ritorno al marco tedesco, l'unica via è quella di una mediazione che si preannuncia estenuante, in un momento in cui la velocità delle decisioni rappresenta un fattore fondamentale nella possibile ricerca di una soluzione. Se il governo della Germania continua a non volere cedere alcunchè, rischia però materialmente anche in casa propria, come successo nelle recenti elezioni, che hanno avuto il merito di sottolineare come anche sul suolo tedesco vi sia una forte corrente che preme per provvedimenti a favore della crescita. Del resto più che gli industriali sono i settori finanziario e bancario ad esprimere le maggiori riserve verso una apertura agli eurobonds. Una soluzione potrebbe essere fissare canoni particolarmente rigidi per le nuove aperture di linee di credito, in modo da tranquillizzare, almeno parzialmente i settori più restii. In ogni caso occorre considerare la stabilità sociale come fattore destabilizzante più pericoloso, come voce sempre più importante nel bilancio globale, ben più importante di quello strettamente finanziario. La pericolosa incrinatura della pace sociale rischia di diventare molto determinante nell'elaborazione delle politiche economiche, da cui è impossibile ormai prescindere, altrimenti ad implodere non sarà l'euro ma l'intera impalcatura dell'Unione Europea.
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