I primi exit poll delle elezioni libiche, le prime dopo il dominio incontrastato di Gheddafi, la cui affluenza è stata di circa il sessante per cento degli aventi diritto, vedrebbero sconfitto il partito dei Fratelli Musulmani libico a favore dell'Alleanza delle forze nazionali, formazione che riunisce circa quaranta formazioni, nel tentativo di creare una sintesi dei vari gruppi impegnati nella lotta contro il rais di Tripoli. Il vantaggio della formazione laica sarebbe certo in quasi tutti i distretti del paese. Se il risultato dovesse essere confermato, la Libia interromperebbe le vittorie elettorali di tipo confessionale, che hanno portato al potere, in tutti i paesi attraversati dalla primavera araba, le formazioni di matrice islamica. Sopratutto la Libia andrebbe a rappresentare una enclave tra Egitto e Tunisia, diventando, potenzialmente, un interlocutore preferito per il mondo occidentale, sia per la sponda meridionale del Mediterraneo, che per il mondo arabo. Tuttavia non bisogna confondersi sulla natura dell'Alleanza delle forze nazionali, descriverlo come movimento di matrice liberale appare esagerato, in quanto, pur non essendo una forza islamica dichiarata, sostiene la sharia come fonte di diritto. Questo fattore costituisce una anomalia in una forza politica che si definisce laica, ma rappresenta anche uno spunto di riflessione sulle modalità di definizione sui nascenti movimenti politici arabi, derivanti dalla primavera araba. Infatti il metro di valutazione applicato ai partiti occidentali non può valere in questo contesto, dove possono coesistere l'impronta non confessionale con l'apprezzamento della legge islamica.
Anche la complicata legge elettorale adottata dal paese libico non aiuta a costruire una ipotesi certa, giacchè si stima che circa 120 eletti su 200, sarà di matrice indipendente e quindi soltanto i restanti 80, saranno espressione dei partiti; ma proprio questa prevalenza di candidati eletti indipendenti dovrebbero costituire la base per la sconfitta degli islamisti e portare Mahmoud Jibril alla vittoria. Il solo fatto di rappresentare una alternativa ai partiti islamici ha provocato la definizione di candidato degli europei, tuttavia per ora questa possibilità non è una certezza, il vincitore, comunque, dovrà fare sfoggio di equilibrio e lungimiranza, per governare un paese più frammentato che diviso: la grande sfida infatti sarà riuscire ad unire le regioni occidentali con quelle orientali, divise anche al loro interno in diversi gruppi tribali. Compito non facile, le divisioni che hanno contraddistinto la lotta di liberazione sono rimaste tali, anche dopo l'uccisione del Colonnello; le stesse difficoltà dell'esercizio del voto, ostacolato con attentati, specie nella regione della Cirenaica, rappresentano ulteriori segnali di ostativi nel cammino della costruzione dello stato ed anche l'assoluta assenza di almeno un inizio di un processo di pacificazione nazionale, non costituisce certo una buona premessa. Con queste basi di partenza il vincitore delle elezioni dovrà misurarsi poi con una serie crescente di difficoltà rappresentate dalla gestione dei ricchi giacimenti petroliferi e del conseguente reimpiego dei proventi, sia in ottica di redistribuzione del reddito per innalzare una qualità di vita decisamente bassa, sia in ottica della costruzione di infrastrutture per sviluppare l'economia del paese, creando alternative all'industria energetica capaci di attirare investitori esteri. Il compito non è agevole perchè quella libica è stata una società che Gheddafi ha basato sulla corruzione per catturare il consenso delle tribù più importanti. Per creare la nuova società libica le tribù saranno il punto di partenza obbligato, ma che andranno poi superate nel tentativo di dare un assetto maggiormente moderno, per lo meno a quella che dovrà essere la classe dirigente del paese, cercando di dare una maggiore articolazione al tessuto sociale, attraverso la creazione di partiti ed associazioni e la partecipazione attiva alla politica delle donne, molto osteggiate in campagna elettorale.
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