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giovedì 30 agosto 2012
Le relazioni del Presidente egiziano e del Segretario dell'ONU al vertice dei non allineati
Due interventi molto rilevanti al vertice dei paesi non allineati: quello del presidente egiziano Morsi e quello del Segretario dell'ONU Ban Ki-moon. Morsi, il primo presidente egiziano eletto democraticamente, proprio in virtù di una rivolta popolare come quella che sta accedendo in Siria, ha condannato Damasco, in quanto regime oppressivo e non democratico, provocando l'uscita dalla sala della delegazione siriana. Quello di Morsi è un atto dovuto verso una rivoluzione popolare, che lui stesso ha definito come prosecuzione della primavera araba, partita dalla Tunisia, approdata in Egitto, Libia e Yemen. Data la sua provenienza era scontato che il pensiero di Morsi si attestasse su queste convinzioni, meno scontato è stato proclamarlo in casa degli iraniani, principali alleati di Assad. La mossa di Morsi, che arriva quindi all'improvviso, tenuto anche conto che i due paesi, Egitto ed Iran, hanno riallacciato i rapporti diplomatici, proprio nell'occasione del vertice dei non allineati dopo una lunga interruzione, pone il capo di stato egiziano in una luce del tutto nuova, che lo fa assurgere a statista di primo piano ed affermando, conseguentemente che l'importanza della nazione egiziana, sopratutto nell'ambito regionale, è tutt'altro che diminuita e sopratutto non è appiattita su posizioni accondiscendenti. Malgrado la provenienza da un partito confessionale, Morsi ha posto al centro della sua azione di politica internazionale, il riconoscimento del valore democratico come punto centrale di riferimento per i rapporti con gli altri stati. Anzi, il discorso contro l'oppressione siriana, mette in evidenza come questo valore sia discriminante per ottenere un suo giudizio positivo. La convinzione non è frutto di un calcolo politico, vuole dire semmai come l'Egitto intenda cavalcare un ruolo da protagonista senza essere subalterno ad alcuno. Certamente sarà un paese che gli Stati Uniti controlleranno meno che con Mubarak al comando, tuttavia il discorso di fronte alla platea dei non allineati può rappresentare una attenuazione delle paure da parte di chi temeva, dal risultato delle urne egiziane, un assetto particolarmente condizionato dalla religione. D'altra parte Morsi, pur non negando mai la sua provenienza, ha sempre affermato che può esistere un islam moderato capace di percorrere una propria via democratica nel rispetto dei valori civili, dai quali comunque è partita la rivoluzione che ha rovesciato il vecchio regime. Questa affermazione, vista con sospetto da diversi osservatori, pare, invece diventare sempre più reale, il problema è che non esistevano termini di paragone validi cui accostare la nuova esperienza egiziana. Per importanza storica, vastità del territorio e numero della popolazione, l'Egitto rappresenta un caso molto probante di questo indirizzo che pare avviato a percorrere. Un primo riconoscimento all'importanza del paese egiziano è l'inserimento nel comitato quadripartito, assieme ad Arabia Saudita, Iran e Turchia, che dovrà cercare una soluzione alla crisi siriana. Sarà interessante vedere gli sviluppi dei rapporti tra le delegazioni saudita ed iraniana, divise da rivalità profonde. Ma e il discorso di Morsi ha rappresentato una tappa importante per l'evoluzione della politica estera nella regione, non da meno è stato l'intervento del segretario delle nazioni Unite. Ban Ki-moon non ha esitato a riprendere i padroni di casa, gli iraniani, per la questione nucleare, che rischia di fare deflagrare un conflitto con esiti difficilmente prevedibili. La mancata cooperazione di Teheran con gli ispettori dell'AIEA, ha minato la fiducia internazionale verso gli scopi realmente percorsi dagli iraniani, fiducia che Teheran deve assolutamente riconquistare per evitare minacce alla pace mondiale. Ban Ki-moon non ha tralasciato la questione della rivalità con Israele, più volte provocato verbalmente da Ahmadinejad, affermando che è intollerabile negare il diritto all'esistenza della nazione israeliana, insieme alla negazione di un fatto storico acclarato, come l'Olocausto. Se gli iraniani speravano di girare a proprio vantaggio l'organizzazione di un vertice così importante, devono rivedere le proprie convinzioni, dato che hanno ottenuto di essere ripresi pubblicamente sul loro territorio, su argomenti che erano il proprio cavallo di battaglia. Se Teheran sperava di essere meno isolata grazie alla presenza di capi di stato e delegati dei paesi non allineati, dopo gli interventi di Morsi e Ban Ki-moon ne esce, al contrario, tutt'altro che rinforzata e più sola sul palcoscenico internazionale. Resta da vedere se questi fatti determinino un cambiamento di rotta da parte del governo iraniano.
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