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martedì 11 dicembre 2012
Berlusconi spaventa l'Europa
La decisione di candidarsi nuovamente al ruolo di Presidente del Consiglio da parte di Silvio Berlusconi crea apprensione in una Unione Europea alle prese con la crisi economica. Le dimissioni di Mario Monti hanno avuto come immediata reazione la risposta negativa dei mercati, mettendo a rischio gli sforzi fatti dal paese italiano per il risanamento dei conti. Il riflesso che questa caduta ha avuto, si teme possa poi ripercuotersi anche all'intera Europa, dove l'Italia è pur sempre il terzo produttore dell'area euro. Scongiurando una caduta di Roma, che non è Atene ne Madrid, per il suo complesso tessuto industriale, Bruxelles contava di essersi messa al riparo da un possibile effetto domino, tale da mettere in crisi la tenuta dell'istituzione europea. La ricandidatura di Berlusconi rimette tutto in discussione, portando incertezza nei mercati. Ma se questo è l'effetto immediato, che i sostenitori di Berlusconi però ascrivono esclusivamente alle dimissioni di Monti, slegando le due vicende, quello ancora più temuto riguarda i temi che l'ex presidente del consiglio vorrà affrontare in campagna elettorale. Gli analisti, infatti, prevedono, una campagna elettorale fortemente anti europeista e populista, capace di puntare sugli scontenti del rigore e della moneta unica e su chi sostiene la contrarietà al predominio tedesco, cioè di chi accusa la Germania di essere la vera ispiratrice delle politiche del rigore economico che impediscono la crescita, traendone vantaggio. Si capisce che se tali temi avranno presa, per l'Europa si annuncia un periodo di forti divisioni, anche in ragione dell'emulazione da parte dei movimenti, già fortemente presenti, contro le azioni economiche caldeggiate dalla UE. Occorre specificare che, sul fronte dell'economia, i risultati, nel caso italiano, sono arrivati soltanto a livello macro economico, mettendo in difficoltà le famiglie e le imprese. Sopratutto le prime hanno pagato un conto salato per responsabilità non proprie, vedendosi alzare il livello di tassazione e diminuire quello dei servizi. E' essenzialmente questa la platea a cui si rivolgerà Berlusconi, cercando di sfondare con argomenti anche propriamente di sinistra, promettendo l'abbassamento delle tasse e l'uso di leve finanziarie per produrre posti di lavoro. In questo momento i sondaggi non danno speranza al partito di Berlusconi, al minimo storico del gradimento, va detto, però, che questi sondaggi furono elaborati quando ancora si considerava che lo stesso Berlusconi non prendesse parte alla competizione elettorale, la sua ridiscesa in campo potrebbe sovvertire i pronostici in un elettorato complessivo che conta un astensionismo pari al venti per cento e che potrebbe sentire il richiamo delle urne in presenza di proposte convincenti e differenti rispetto al passato. Tuttavia la mossa delle dimissioni di Monti intralcia i piani di Berlusconi, che contava di avere tempo fino ad Aprile per riorganizzare un partito allo sbando. Ora, verosimilmente, si andrà alle elezioni a Febbraio, con in più l'incognita della partecipazione dello stesso Monti, chiamato alla contesa a gran voce dai movimenti del centro politico del paese. Se questa ipotesi si verificasse lo scenario dei concorrenti si articolerebbe essenzialmente su quattro soggetti: oltre ai già citati Berlusconi e Monti, in rappresentanza della destra e del centro, ci sarebbero anche Bersani, leader della sinistra italiana, ed un candidato ancora da individuare in rappresentanza del Movimento Cinque Stelle, partito anti sistema all'esordio in una competizione politica, pur avendo già partecipato con discreto successo ad elezioni regionali ed amministrative. L'Europa in quanto istituzione, preferirebbe una affermazione di Monti o, almeno, di Bersani, ritenuti continuatori della politica del rigore, sebbene con sfumature differenti. Ritrovarsi a trattare con Berlusconi, pubblicamente dileggiato dopo la sua uscita di scena dello scorso anno, potrebbe presentare difficoltà non facilmente sormontabili, portando addirittura in blocco le relazioni tra gli stati. L'Italia, insomma, dopo la parentesi generata dalla brutta copia delle larghe intese tedesca, ritorna alla sua parte di variabile del sistema e mai come ora si pone in un futuro molto incerto: sarà difficile, infatti, che l'Europa possa sopportarla nel caso di una deviazione dal percorso intrapreso, la UE non può più supportare i costi di bilanci fuori controllo e pratiche indebite di ricorso a prestiti in serie, sopratutto senza risultati.
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