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martedì 12 marzo 2013

India ed Italia verso la crisi diplomatica

Con la decisione di non restituire i fucilieri di marina italiani alla giustizia indiana, si apre una vertenza internazionale tra Roma e Nuova Delhi, che potrà fare giurisprudenza nel diritto internazionale. Il breve riepilogo dei fatti: durante un servizio di scorta contro la pirateria ad un mercantile italiano, due militari della marina militare, spararono, uccidendoli, contro due pescatori scambiati per pirati. L’incidente avvenne, malgrado quanto affermato dalle autorità indiane, in acque internazionali e quindi di competenza giuridica dello stato a cui appartiene la compagnia navale. Lo stato indiano del Kerala obbligò invece la nave mercantile ad attraccare alle sue coste, attraverso il ricatto all’armatore del divieto assoluto di effettuare traffici mercantili nella zona, se non avesse accettato, di fatto, di consegnare i protagonisti dell’incidente. A causa di problematiche interne, il caso è stato da subito usato per faide interne alla dinamica politica dello stato indiano, infrangendo da subito ogni consuetudine del diritto internazionale. Infatti la detenzione dei due militari è risultata da subito un abuso, che poteva e forse ha creato un pericoloso precedente. Le autorità indiane centrali sono state comunque, aldilà delle dichiarazioni pubbliche, consapevoli dell’infrazione del diritto internazionale. La prima mossa, infatti, è stata quella di sottrarre i due militari italiani, alla giurisdizione dello stato del Kerala, ritenendola incompetente, in quanto struttura federale subordinata all’autorità centrale. Non solo, il sistema giuridico normale della federazione indiana è stato ritenuto non adatto a giudicare un caso così peculiare ed in definitiva non previsto dall’ordinamento vigente. La soluzione, che avrebbe introdotto una novità normativa non da poco nel diritto internazionale, è stata quella della costituzione di un tribunale speciale, chiamato a giudicare su questo singolo caso. Si capisce che la portata di una simile soluzione avrebbe aperto una strada in completa controtendenza rispetto alla forma consuetudinaria vigente fino ad ora. Oltre le implicazioni giuridiche, ben più pesanti sarebbero state quelle politiche, con ogni singolo stato in grado di costituire tribunali ad hoc per violazioni avvenute nelle porzioni di territorio internazionale immediatamente vicine ai propri confini. Va anche detto che l’India non ha brillato per celerità nella costituzione del tribunale speciale, che infatti non è ancora stato costituito, lasciando trascorrere troppo tempo per trovare una soluzione alla questione, anche nel modo pensato. La decisione italiana, di non mantenere la parola data e quindi di riconsegnare i propri militari all’India, interrompe il corso che aveva preso la vicenda e pone le basi per una soluzione di tipo diplomatico. La prassi corretta vorrebbe che un tribunale italiano, giudicasse i due marinai secondo le leggi della Repubblica Italiana e questa sarà, verosimilmente, la direzione che prenderà la vicenda. Più complessa la dimensione che assumeranno i rapporti tra India ed Italia. La vicenda è appena all’inizio e non si hanno dichiarazioni ufficiali da Nuova Delhi, ma in tutto il paese è forte il senso di indignazione e per l’opposizione costituisce una occasione fin troppo facile per cavalcare la protesta contro il governo. Si parla di complotto tra i due governi per liberare i marinai, tirando in ballo le origini italiane di Sonia Gandhi, fino al coinvolgimento della vicenda delle tangenti pagate per la fornitura di elicotteri italiani. Ancora una volta, quindi le vicende interne del grande paese indiano, vanno ad influenzare una questione il cui significato va molto aldilà dei semplici rapporti tra due stati, essendo questione di puro principio. La richiesta di giudicare comunque i due marinai in India, non sarà esaudita, è praticamente impossibile che l’Italia ritorni sui suoi passi, ma le rappresaglie indiane non si faranno attendere: i prossimi giorni diranno quali saranno i provvedimenti contro la repubblica italiana.

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