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venerdì 17 maggio 2013

La Turchia a Washington accresce la sua influenza internazionale

Le relazioni tra Turchia e Stati Uniti si fanno sempre più strette ed Ankara aumenta il suo peso specifico come alleato, all'interno della politica estera di Washington. L'evoluzione del mondo arabo dopo le primavere arabe e le errate valutazioni circa l'affermazione della democrazia in questi paesi, hanno accresciuto l'importanza della Turchia agli occhi degli USA, che vede nel modello politico turco, la migliore soluzione possibile per conciliare l'islamismo e la vita politica di uno stato. Certo si tratta di una fede non estrema, anche se presenta commistioni nella vita pubblica che iniziano a debordare, in alcuni casi, oltre il livello di guardia, ma, che, tuttavia, è, al momento, il migliore compromesso maturato sulla scena internazionale per gli Stati Uniti. Inoltre la Turchia è da sempre considerata un alleato strategico nell'ambito della NATO, che vede accrescere la propria importanza grazie alla sua collocazione geografica all'interno della cruciale area mediorientale. Dopo Israele, infatti, la Turchia è l'alleato più importante nella regione, che la situazione internazionale fa diventare determinante. Con queste premesse il confronto tra Erdogan, primo ministro turco ed il Presidente Obama ha assunto una importanza ulteriore, rispetto alla singola occasione. Le due parti hanno concordato una strategia comune per cercare di porre fine alla guerra siriana, che deve necessariamente concludersi con la cacciata di Assad. I due governi, oltre al continuo contatto militare di monitoraggio sull'uso delle armi chimiche nel paese siriano, hanno individuato in modo congiunto la necessità di rafforzare le opposizioni per preparare una transizione che veda la presenza di un governo rappresentativo. Per ottenere questo risultato saranno impiegate anche tutte le opzioni diplomatiche e militari che saranno necessarie. Per la Turchia, ma anche per gli USA in ottica di protezione di Israele, è importante spegnere al più presto il focolaio siriano, per scongiurare pericolosi sconfinamenti nel proprio territorio, come peraltro già avvenuto, che potrebbero coinvolgere il paese turco in azioni di guerra diretta. La fine del conflitto passa per il rafforzamento, non solo militare, ma sopratutto politico di alcune parti dell'opposizione e non di tutta l'opposizione in maniera indiscriminata. L'obiettivo è quello di rafforzare i gruppi meno estremisti, che possano gestire una transizione in maniera pacifica, senza coinvolgere il paese in un clima di vendetta; questo compito appare arduo senza una presenza straniera che faccia da cuscinetto ed attui un controllo serrato sulla gestione del passaggio del potere. Ma questo scenario appare ancora lontano senza la collaborazione della Cina e sopratutto della Russia, che resta legata al regime di Assad, anche attraverso pratiche di rifornimento di armi che violano gli embarghi in atto. Aldilà di queste considerazioni l'incontro di Washington ha sottolineato la posizione internazionale raggiunta dalla Turchia, che si presenta ormai sulla scena come una media potenza, con capacità militari e grande influenza sui paesi arabi, qualità riconosciute pubblicamente dagli USA, fatto che ha accresciuto il prestigio internazionale di Ankara, che la Turchia spenderà per ampliare la sua zona di influenza che, secondo i programmi di Erdogan, dovrebbe ricalcare i confini del vecchio impero ottomano, chiaramente non con un dominio diretto, ma come un punto di riferimento per i paesi dell'area.

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