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giovedì 6 giugno 2013
Al Qaeda esorta i combattenti siriani a superare le differenze per imporre la sharia
Il leader di Al Qaeda, Ayman al-Zawahiri, ha fatto conoscere al mondo l’opinione dell’organizzazione terroristica sul conflitto siriano, tramite un video messaggio di ventidue minuti apparso sul sito internet dei mujahideen Al Ansar. La preoccupazione principale della rete terroristica islamica è che il paese siriano venga governato da un esecutivo fedele agli Stati Uniti, il cui fine è assicurare che la nuova Siria possa garantire la sicurezza di Israele. A tal fine il leader di Al Qaeda ha esortato i combattenti siriani, che compongono l’insieme delle forze avverse ad Assad, affinché superino le differenze che non permettono la vittoria contro il regime di Damasco. Le critiche non sono state risparmiate neppure all’Iran, colpevole agli occhi di al- Zawahiri, di appoggiare nella guerra in corso le forze di Assad. Al Qaeda non gradisce i metodi di governo che vigono a Damasco, troppo slegati dalla legge islamica e spera in una Siria dove, al contrario, la legge fondamentale sia proprio la sharia, principio regolatore di uno stato organizzato in una sorta di califfato che fondi sull’appartenenza all’Islam più intransigente la sua stessa ragione di essere. La voce di Al Qaeda non era stata ancora così chiara sull’argomento e le ragioni che hanno indotto il suo massimo dirigente ad esprimersi in maniera così netta sono da ricercare nell’alto tasso di provenienza dall’islamismo radicale di molti combattenti, a cui era diretto, principalmente, il messaggio. Dal punto di vista geopolitico l’analisi di al- Zawahiri, scevra da ogni elemento radicale, non può considerarsi che corretta: l’obiettivo degli Stati Uniti è infatti quello di creare le condizioni perché si affermi uno stato siriano libero dall’influenza iraniana e che non sia più alleato con le milizie Hezbollah, per scongiurare attacchi ad Israele e portare stabilità nella regione. Questa intenzione, di ottenere un medioriente pacificato e rivolto più alla parte sunnita dell’islam è anche quella dei paesi del Golfo, con i quali Al Qaeda non è certo in buoni rapporti. Se si dovesse avverare questo scenario per la rete terroristica si tratterebbe della perdita di una occasione di fare della Siria un potenziale terreno di coltura per la propria causa e forse anche di più, come è stato tentato con le zone dell’Africa sub sahariana, dove sono attive, seppure in maniera ridimensionata grazie all’intervento francese, basi logistiche e di addestramento per il terrorismo islamico, ma soprattutto verrebbero a mancare le condizioni strategiche per mettere costantemente Israele in apprensione da un paese confinante.
L’appello di Al Qaeda pare, in questo momento, più una mossa pubblicitaria, che un reale pericolo in grado di mobilitare di più di quello che già non sono, le forze vicine all’estremismo islamico che stanno combattendo in Siria; l’organizzazione attualmente sta vivendo un momento difficile dovuto al ridimensionamento, sia operativo che politico, causato dai colpi inferti dagli USA, sia ai leader del gruppo, che alle strutture organizzative.
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