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venerdì 21 giugno 2013

Il capo del governo italiano teme l'antieuropeismo dilagante

Quello che il presidente del Consiglio italiano, Enrico Letta, ha rilevato, circa il pericolo che alle prossime elezioni europee venga eletta una camera profondamente anti UE, è, in realtà, un pericolo temuto da molto tempo e da più parti. Il merito del capo del governo italiano è quello di metterlo nero su bianco in una maniera così esplicita, come nessuno aveva finora osato fare. I problemi derivanti per l’ottuso rigore economico messo in campo dall’Unione Europea, dietro i dettami della Germania, hanno soffocato le economie nazionali, generando una povertà diffusa nel ceto medio europeo, che ha provocato una generale avversione verso la moneta unica e le istituzioni europee. La sensazione, non detta da Letta per motivi di diplomazia politica, è quella che Berlino abbia esagerato, traendone, per di più, vantaggi consistenti per la propria economia. Ma la certezza di avvicinarsi sempre più ad un punto di non ritorno non sembra ancora spaventare abbastanza le istituzioni di Bruxelles, che non fanno molto per cambiare il corso delle cose nella materia economica. Proprio per questo fatto, il capo del governo italiano, ha sollecitato il Consiglio europeo ha varare misure in grado di abbattere in maniera significativa la disoccupazione giovanile e le questioni relative al credito, vero propulsore della crescita. La paura di Letta è di vedere e sentire ancora generiche frasi fatte, relative a buone intenzioni, ma senza alcuna sostanza ed effetti di sicuro cambiamento. Il prossimo anno sarà la data delle elezioni europee, il rischio vero e proprio è la formazione di una assise dove la maggioranza dei rappresentanti sia di matrice contraria allo spirito europeo, peraltro gi ampiamente violato dagli attuali componenti europeisti soltanto di facciata. Occorre tenere presente che nel panorama politico continentale, i partiti classici o tradizionali, stanno vivendo una pericolosa involuzione, data dalla incapacità manifesta di governare i cambiamenti epocali nei modi e dai luoghi di produzione, che hanno prodotto l’attuale stato di cose. A questo aspetto si devono aggiungere i sempre maggiori casi di malgoverno e corruzione, presenti in modo uniforme in tutta l’are della UE. Queste condizioni hanno già favorito su scala nazionale la sempre maggiore presenza di partiti e movimenti antisistema e di matrice locale, uniti nella contrarietà ai vincoli europei, sempre più vissuti come dispotici ed in favore dei grandi agglomerati finanziari. Vere o false che siano queste sensazioni, i dati concreti relativi al reddito disponibile ed ai servizi erogati dallo stato a fronte del pagamento di tasse sempre maggiori, parlano di un peggioramento progressivo che non accenna a fermarsi anche per l’aumento costante della disoccupazione. Il tema della tassazione poi rischia di diventare un vero e proprio argomento a favore dei movimenti contro l’Europa, giacché il versamento delle imposte non viene più usato per erogare servizi l’altezza, ma per sanare debiti contratti da anni di cattivo governo, spesso avvallato dalle stesse istituzioni europee. Dunque il tempo stringe, l’intervallo che separa delle consultazioni europee del maggio prossimo da ora, dovrà essere impegnato in maniera concreta affinché, attraverso provvedimenti che migliorino le condizioni di vita della media della popolazione europea, si riduca quel sentimento di sfiducia nella UE, che rischia di vanificare il progetto dell’Europa unita.

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