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giovedì 13 giugno 2013
Il pericoloso precedente della chiusura della televisione di stato greca
La decisione di chiudere con un provvedimento d'imperio l'emittente di stato greca, segna il sorpasso di un nuovo limite nei rapporti tra gli stati ed i cittadini. Occorre ricordare che tutto questo non sta accedendo in un paese arabo a democrazia limitata, spesso giustamente criticato dall'occidente e nemmeno nella attuale caotica situazione turca, ma al centro dell'Europa in quella che è considerata la culla della civiltà democratica. L'evento porta dentro di se un effetto simbolico non da poco, dato che il pluralismo dell'informazione è stato assunto, ormai come dato di fatto, come elemento distintivo del grado di democrazia presente in un paese. Spiace ripetersi, ma se ciò fosse successo ad altre latitudini, la levata di scudi sarebbe stata unanime in favore di una libertà negata. Da quando si è verificata questa crisi, la Grecia è stata un laboratorio da cui sono partiti provvedimenti sempre più illiberali, che si sono estesi in varie forme e dimensioni a quasi tutti i paesi dell'Unione Europea. Per ora si è trattato di una compressione economica, che pur non avendo precedenti, non ha intaccato i diritti fondamentali, se non dal lato della riduzione, anche molto sensibile, delle disponibilità finanziarie, che ha avuto come ripercussione effetti spesso devastanti su di una serie di diritti che si credevano acquisiti, come quello alla salute o alla casa; ma la perdita di questi era spiegata come mezzo per fronteggiare una crisi, per la quale, peraltro, si chiedeva il conto a quelli meno colpevoli. Anche la chiusura dell'emittente greca è stata giustificata con la necessità di tagliare i costi, senza però pensare ad una razionalizzazione, tuttavia l'aspetto della rinuncia alla fornitura di notizie in nome di una prossima privatizzazione, si presenta come evento peculiare dello sviluppo della strategia di giustificare il taglio di beni e servizi in nome della ragione economica. Il punto che viene toccato sconfina con la pratica dittatoriale in maniera quasi spudorata ed è significativo che si concretizzi in un momento di stanchezza, quasi prostrazione, della cittadinanza, ormai impegnata nella mera sopravvivenza. Stupisce anche che quello che sta avvenendo non scalfisca il silenzio di Bruxelles, sempre impegnata nella difesa dei diritti, ma ora stranamente assente. Se questo provvedimento diventa un precedente, nel silenzio pressochè totale delle istituzioni dei paesi europei, si tratterebbe dell'ennesima prova e della conferma della consolidata supremazia finanziaria su quella che era definita l'Europa dei popoli, facendo perdere all'istituzione europea quella residua credibilità che ancora qualcuno gli accordava. Sembra che il tempo per intervenire direttamente, per Bruxelles stia scadendo, determinando un allontanamento, dovuto alla sfiducia nelle istituzioni di Bruxelles, che sarà difficilmente recuperabile e fornirà corposi argomenti per gli euroscettici, i gruppi agli estremi della politica ed i populisti vari abituati a cavalcare l'insoddisfazione sempre maggiore.
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