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lunedì 15 luglio 2013
Israele chiede nuove sanzioni contro l'Iran
L’elezione del moderato Rohani a presidente iraniano, peraltro non ancora nominato ufficialmente nella carica che dovrebbe assumere all’inizio del prossimo mese di agosto, non ha affatto placato e neppure rassicurato Israele sui propri timori al riguardo della costruzione dell’atomica da parte di Teheran. Benjamin Netanyahu è infatti tornato a richiedere nuove sanzioni internazionali contro il paese iraniano perché convinto che i progressi verso il nucleare militare non si sono affatto arrestati e non vi sono indicazioni di un nuovo corso della politica, che possa tranquillizzare riguardo all’argomento. Anche l’opzione militare resta in piedi come elemento preventivo contro i progressi atomici iraniani. Netanyahu ha affermato che lo stato di avanzamento della tecnologia iraniana sulla materia del nucleare sta continuando a progredire, andando di pari passo con lo sviluppo delle sue potenzialità nel campo dei missili balistici; le due cose associate insieme possono costituire un pericolo non solo per Israele ma per tutto l’occidente. La sollecitazione verso i paesi occidentali rientra nello schema classico del governo di Tel Aviv per sensibilizzare i governi di quelle nazioni verso una pressione ancora maggiore sull’Iran, specialmente in occasione del cambio di potere che sta avvenendo a Teheran, dopo il risultato elettorale che dovrebbe avere cambiato la linea di comportamento del governo iraniano. Tuttavia è anche singolare che la sollecitazione israeliana ad agire contro l’Iran, arrivi in un momento di stasi del dialogo con i palestinesi, in uno scenario complessivo aggravato dalle ripetute dichiarazioni di esponenti del governo di Israele sulla necessità di incrementare le costruzioni sui territori palestinesi; il tutto mentre il Segretario di stato USA, Kerry sta cercando faticosamente di creare le condizioni affinché le trattative possano ripartire. L’impressione è che la preoccupazione di Netanyahu non sia motivata del tutto da un atteggiamento iraniano, che non si è ancora manifestato da quando il nuovo presidente è stato eletto, quanto dalla necessità di distogliere l’attenzione del mondo occidentale dagli interventi edili all’interno delle colonie, atteggiamento più volte criticato sia dagli USA che dalla UE. Del resto, Rohani ha fama di persona più duttile ed elastica del suo predecessore e se per ora non si è ancora espresso ufficialmente è soltanto perché non vi è stato l’insediamento ufficiale. La sua elezione è stata accompagnata da parole di apprezzamento generalizzate, con l’esclusione proprio di Israele, che hanno lasciato spazio a positive speranze circa il dialogo per il nucleare iraniano. Il discorso di Netanyahu è apparso, quindi, fuori tempo se non funzionale ad una strategia di distrazione dello scenario internazionale sulla politica dell’incremento degli insediamenti, che, oltre a rispondere ad una parte del programma di governo, cerca anche di diminuire la richiesta interna di alloggi, un problema che assilla l’operato dell’esecutivo. Si è attuata una vecchia tattica di cercare di concentrare le attenzioni estere su problemi internazionali per distoglierle da altre problematiche (peraltro anch’esse pure di ordine internazionale).
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