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giovedì 18 luglio 2013

LA UE sanziona Israele per gli insediamenti nei territori palestinesi

La decisione della UE di escludere dagli accordi di cooperazione con Israele i territori occupati nella Cisgiordania ed a Gerusalemme Est, sancisce ufficialmente un comportamento già tenuto da tempo da Bruxelles e, soprattutto, rappresenta una decisione che contiene un preciso significato politico. In pratica la UE condanna come illegale l’utilizzo da parte dello stato di Israele dei territori palestinesi sanciti dagli accordi del 1967 ed introduce quindi una netta distinzione tra i confini dello stato israeliano e le colonie. Il provvedimento, molto rilevante sul piano internazionale, mira a scoraggiare ulteriori insediamenti, politica adottata sempre più spesso da quando Netanyahu è al governo e soprattutto con il rinnovo dell’esecutivo, che, tra le sue fila, annovera un partito che mette al centro del proprio programma politico, proprio la costruzione di nuovi edifici sui territori palestinesi. Sebbene il capo del governo di Tel Aviv sia, ufficialmente, per la soluzione dei due stati sono diversi gli esponenti dell’esecutivo che ritengono questa ipotesi superata, riflettendo un sentimento che si sta sempre più diffondendo anche tra la popolazione. Questa eventualità metterebbe fine alla possibilità di una pacificazione ed aprirebbe un periodo di forte instabilità in tutta la regione mediorientale ed in generale nel mondo arabo. La reazione di Netanyahu non si è fatta attendere e si è concretizzata in una denuncia contro la UE per avere interferito in quelli che Israele ritiene affari interni, accusando l’Unione Europea di mancare al proprio principio di neutralità nella questione tra israeliani e palestinesi. Il ministro dell’economia ha addirittura parlato di attacco terroristico, che va contro ad ogni possibilità di pace. Per la verità non tutte le voci provenienti da Israele sono concordi ad attaccare Bruxelles, Tzipi Livni ha riconosciuto che la decisione della UE non è arrivata in modo inatteso, ma ha seguito diversi pronunciamenti, senza conseguenze pratiche come la decisione attuale, che giudicavano illegittimo l’operato di Tel Aviv. La posizione di Israele appare così ancora più isolata sulla scena internazionale, anche a causa delle reazioni del suo governo, che non ha accennato ad una volontà concreta di riprendere il dialogo e le trattative di pace con i palestinesi, ostinandosi in un comportamento di estrema chiusura nella difesa di prerogative territoriali, che non hanno alcuna base giuridica. Ora il pericolo concreto per il paese israeliano è che la decisione della UE apra la strada ad una serie di sanzioni internazionali, provenienti anche da altri soggetti, che possano colpire le produzioni delle colonie e non si limitino soltanto ad annullare accordi di cooperazione. Ma aldilà del fatto economico, che pure in questa fase di crisi acuta, riveste un fattore molto importante, ben più importanti appaiono le conseguenze sul piano politico internazionale, anche perché, la decisione della UE non potrà che provocare un dibattito anche negli Stati Uniti, il principale alleato di Israele, che sta spingendo per una ripresa rapida delle trattative. Tel Aviv non potrà più nascondersi dietro le motivazioni di carattere interno perché l’atteggiamento della UE ha finalmente dato un valore giuridico al giudizio negativo di quasi tutta la platea internazionale, questo dovrebbe costringere Israele a confrontarsi in un qualche modo con il problema palestinese, non più soltanto a parole ma con una procedura concreta

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