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giovedì 22 agosto 2013

Gli USA bloccano i finanziamenti alle forze armate egiziane

I finanziamenti statunitensi per l’esercito egiziano sarebbero bloccati fin dallo scorso mese di Luglio. La misura mira a fare pressione sulle forze armate dell’Egitto, in quanto reali detentrici del potere, affinché la difficile situazione trovi uno sbocco pacifico. Si tratta di una vera e propria sanzione per una forza armata che si basa quasi esclusivamente su armamenti e formazione militare statunitensi. La definizione di colpo di stato, che Obama ha dato alla presa del potere da parte dell’esercito è stata finora interpretata come una dichiarazione quasi obbligata, oltre alla quale gli USA non parevano spingersi oltre. Ma una implicazione di questa definizione è proprio la sospensione dei finanziamenti, come prescrive la legge sugli aiuti agli stati esteri. Lo stanziamento del Congresso per le forniture militari all’Egitto è stato, per il 2013, di 1.300 milioni di dollari, di cui 585 milioni non sono stati finora erogati. L’importo che Washington ha versato a Il Cairo dal 1998 si aggira intorno ai 20.000 milioni di dollari, che sono stati spesi principalmente per acquistare armamenti americani, che coprono ormai l’ottanta per cento dei nuovi acquisti dell’arsenale egiziano. Il blocco dei finanziamenti mette quindi in crisi tutto l’apparato bellico dell’Egitto, dal momento che la misura comprende anche la sospensione della possibilità di acquistare, non solo nuove armi prodotte negli USA, ma anche i pezzi di ricambio. Per una forza armata dotata quasi interamente di prodotti provenienti da un unico paese si tratta di una prospettiva, che specialmente sul lungo periodo , rischia di paralizzare l’intero apparato. Se dal punto di vista finanziario l’Arabia Saudita, che teme il propagarsi del contagio della Fratellanza Musulmana anche entro i suoi territori, si è detta disposta a rimpiazzare il mancato finanziamento americano, l’impossibilità oggettiva di effettuare la manutenzione sugli armamenti rappresenta un pericolo troppo grosso per la principale forza, ora anche politica del paese. Resta da vedere se gli USA continueranno su questa strada ad ogni costo: l’importanza dell’Egitto e del ruolo delle sue forze armate all’interno dello scacchiere mediorientale è fondamentale anche per la protezione di Israele, sempre al centro delle preoccupazioni statunitensi, il quale non gradisce la misura intrapresa nei confronti dell’esercito egiziano dall’amministrazione Obama. In effetti non pare reale che Washington si privi di un alleato di questa caratura, perché questo potrebbe essere un epilogo della vicenda, ma punti, più che altro, ad atti da parte dei militari guidati dal generale al-Sisi, che dimostrino la buona volontà di indirizzare il paese verso un governo democratico di impronta occidentali e che scongiuri la presenza dei partiti confessionali. In quest’ottica la repressione contro i Fratelli Musulmani, che hanno perso tutti i loro vertici, imprigionati dall’esercito, potrebbe favorire la vittoria, quando saranno possibili nuove elezioni, di formazioni laiche. Il problema resta però ridurre le proteste che provocano le violenze delle forze armate; l’atteggiamento delle formazioni di ispirazione religiosa è di totale chiusura verso ogni proposta proveniente dai militari. Diventa evidente che il governo egiziano, insediatosi al posto di quello eletto, deve dare dimostrazione di bravura diplomatica sul proprio fronte interno per impedire che gli aiuti statunitensi vengano definitivamente bloccati. Dai militari si attende un diverso approccio per la risoluzione della crisi, che non ponga in difficoltà gli Stati Uniti di fronte alla propria opinione pubblica ed a quella mondiale, per essere percepiti come collusi con una forza armata golpista e violenta. Questo è il vero scopo dell’interruzione degli aiuti militari all’esercito egiziano.

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