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giovedì 3 ottobre 2013

La soluzione della crisi italiana

Quello accaduto in Italia, dove Berlusconi per la prima volta pare non essere determinante per gli equilibri politici del paese, come è accaduto da venti anni a questa parte, può aprire per la democrazia del bel paese una fase nuova dove si può immaginare la costituzione di un partito conservatore di stampo europeo. Si tratta di una cosa non da poco sia per l’equilibrio e la stabilità del sistema politico italiano, sia per quello della UE. L’eccessiva radicalizzazione dello scontro tra le parti politiche ha bloccato lo sviluppo del paese, che giunto alla crisi economica mondiale, ha gettato l’Italia in una fase di recessione tremenda, che si è riflessa sulle parti deboli del tessuto sociale e produttivo italiano. Di fronte a tanta incertezza con un sistema elettorale che ha condizionato in modo determinante il risultato elettorale, determinando un sostanziale pareggio, l’unico governo possibile è stato quello delle larghe intese: ma l’Italia non è la Germania, l’eccessiva personalizzazione dei partiti politici, specialmente a destra e nei settori populisti, non ha favorito un dialogo che è parso fin da subito obbligato. Tuttavia la mancanza di alternative e il blocco più completo del sistema politico, ha indirizzato la formazione di un governo composto da formazioni politiche opposte, che ha generato malumori da una parte e dall’altra. La condanna definitiva del leader del Popolo delle Libertà ha minacciato seriamente di fare crollare un esecutivo che non ha finora brillato per iniziativa, condizionato da troppi elementi sia interni, che esterni. Ma di fronte alla possibilità di nuove elezioni regolate dalla medesima legge elettorale, che lasciavano presagire un risultato invariato, che avrebbe avuto effetti disastrosi sui conti pubblici e su di una economia in lievissima ripresa, vi è stata la ribellione di fronte ai diktat di quella parte del centro destra che pensava tanto peggio, tanto meglio. Il distacco di diversi parlamentari dal gruppo originario, non è di per se un fatto nuovo: già altre volte questa situazione si è verificata, senza però che andasse ad incidere sulla forza contrattuale di Berlusconi e degli esponenti a lui più vicini. Questa volta è diverso, la presa di distanza da una politica troppo fondata sulla persona del leader si è potuta concretizzare proprio per il timore di una deriva da cui sarebbe stato impossibile uscire. Non si tratta del solito trasformismo italiano, questa volta bisogna riconoscere, anche da parte di chi non condivide questa alleanza, che senza questo gesto il paese avrebbe patito conseguenze che avrebbero sottratto porzioni consistenti di sovranità al governo, soprattutto nella materia economica. Se il governo Letta non suscita entusiasmi è comprensibile, però occorre dire che una valutazione più oggettiva potrà essere fatta da questi giorni, da quando, cioè, potrà operare con maggiore autonomia, sul fronte fiscale, sulla regolamentazione del lavoro e sullo studio di un nuovo sistema elettorale. Intanto si spera che il processo avviato dai transfughi dalla risurrezione di Forza Italia, porti a compimento la formazione di un partito di destra, che persegua valori duraturi e non mutevoli secondo i sentimenti del leader, soprattutto in un quadro di rispetto istituzionale e delle regole, che, obiettivamente fino ad ora non è stato sempre assicurato. Una formazione politica del genere, seria ed europea, conviene a tutto l’equilibrio del sistema, per favorire quella naturale dialettica tra le parti, che in Italia è tutt’altro che scontata. Anche in Europa il sollievo con cui è stata accolta questa soluzione della crisi, testimonia il timore che Roma potesse sprofondare di nuovo in una versione aggiornata dei governi di Berlusconi. Il fronte del governo e, soprattutto della sua attività e dei suoi provvedimenti, sarà il versante sul quale saranno attesi i risultati che dovranno certificare la bontà di questa evoluzione; senza risultati concreti, infatti sarà gioco facile per chi avversa questa soluzione criticarla fino a demolirla. Ma l’esecutivo italiano può contare senz’altro sulla alleanza dell’Europa e specialmente della Germania, che temeva un brusco ritorno al passato, inoltre i recenti risultati elettorali tedeschi possono permettere di azzardare una previsione circa l’allentamento della rigidità che finora ha governato i conti pubblici degli stati europei, un fattore ulteriore che può giocare a favore del governo Letta, impegnato ad arrivare all’appuntamento con il semestre di presidenza italiana all’Unione Europea.

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