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giovedì 17 ottobre 2013
Siria: anche le ONG richiedono la tutela dell'ONU come l'Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche
L’appello di Medici senza frontiere, l’organizzazione impegnata a fornire assistenza medica e sanitaria alle vittime di conflitti o disastri naturali in modo totale, senza distinzione alcuna di razza, religione o idea politica, affinché l’aiuto sanitario venga equiparato al ruolo dell’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche, a cui di recente è stato assegnato il premio Nobel per la pace, e possa quindi godere di analoga libertà di movimento nel paese siriano, evidenzia la grave situazione a cui è sottoposto il popolo della Siria. Nel silenzio dei media, infatti, gli scontri continuano ad avvenire senza sosta ed il prezzo più alto, in termini di vite umane e di persone ferite, viene pagato, non tanto dai combattenti, quanto dai civili. L’effetto pratico degli accordi diplomatici raggiunti, che hanno evitato l’azione militare USA, è stata proprio quella di dare libertà di movimento ad un soggetto sovranazionale, fornendogli anche poteri ispettivi. Si tratta di concessioni straordinarie in una zona di guerra, motivate dal fatto che ha permesso che nel conflitto non entrasse una potenza straniera in prima persona; questa soluzione, di cui l’ONU è il soggetto principale, potrebbe essere applicata ed estesa all’azione delle organizzazioni umanitarie, o perlomeno, ad alcune di esse accreditate dalle stesse Nazioni Unite, in modo di facilitare il loro essenziale compito. Lo svolgimento della guerra siriana ha determinato l’isolamento letterale di alcune zone, dove è impossibile recare aiuto di tipo medico, aggravando la condizione sanitaria di un gran numero di persone impossibilitate ad essere raggiunte dalle cure di cui abbisognano. I blocchi sono dovuti sia alle forze regolari, che agli insorti, ed hanno lo scopo di effettuare un controllo più ferreo sulle zone conquistate, impedendo anche i rispettivi rifornimenti logistici. Gli effetti di questa situazione non riguardano comunque soltanto l’assistenza medica, ma anche la disponibilità dei generi alimentari di prima necessità, che causano pesanti condizioni di denutrizione. Non è azzardato affermare che gli effetti di queste carenze mediche, sanitarie ed alimentari, provochino anche una quantità maggiore delle vittime degli attacchi chimici, che passano attraverso sofferenze spesso indicibili. In questo contesto l’azione degli operatori medici si compie sottoposta a rischi altissimi, spesso i convogli umanitari sono oggetto del tiro delle armi dei due opposti schieramenti o vengono rapiti per la richiesta di riscatto. La necessità di una tutela giuridica dell’ONU è quindi necessaria, ma l’argomento non è stato ancora affrontato in termini ufficiali, malgrado i tanti appelli rivolti in questo senso da più parti. Non dovrebbe essere difficile stilare una lista di organizzazioni neutrali cui assicurare l’operatività sotto l’egida delle Nazioni Unite, con tutte le garanzie conseguenti. Sembra anche impossibile che le nazioni che si trovano a parteggiare per le fazioni contrapposte non possano trovare una soluzione diplomatica analoga a quella sulle armi chimiche, estesa anche alle organizzazioni umanitarie, che, oltretutto, sarebbe a costo zero. Inoltre, alle considerazioni dei morti e dei feriti civili, occorre aggiungere le proporzioni sempre maggiori, che sta assumendo il traffico migratorio della parte di popolazione che riesce a fuggire dalla guerra ed è costretta a vivere nei campi profughi in condizioni spaventose, se non a diventare vittima dei tanti naufragi che stanno avvenendo nel Mediterraneo, queste migrazioni sono, in parte dovute anche alla carenza della possibilità di avvalersi di cure mediche o per il timore di dovere incorrere in questa situazione.
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