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venerdì 13 dicembre 2013
I palestinesi rifiutano il piano USA per la costituzione dello stato di Palestina
Il rifiuto dei palestinesi alla proposta del Segretario di stato statunitense, Kerry, non può certo rappresentare una sorpresa. Il piano USA, infatti, prevedeva che, all’interno dei confini del futuro stato palestinese, restasse, per un periodo di quindici anni, la presenza delle forze armate israeliane. La proposta pare del tutto assurda, perché non è inquadrata in una alleanza tra i due paesi, che hanno avuto, ed hanno tutt’ora, rapporti non certo amichevoli ed è destinata, quindi a ledere il normale principio di sovranità che spetta di diritto ad ogni stato. Non si comprende, quindi, con quale intento sia stato elaborato il piano di Washington, se non quello di formulare una proposta impossibile da accettare, probabilmente con lo scopo di accontentare Israele e, forse, permettergli di guadagnare tempo per la sua espansione delle colonie nei territori. Chi esce malissimo dalla vicenda è la Casa Bianca, che, nonostante tutti i proclami ed i propositi fatti in sostegno di uno stato palestinese, finalmente autonomo e sovrano, rinnega i suoi programmi con la presentazione di un programma inaccettabile. Ma, del resto, malgrado i contrasti con l’esecutivo di Tel Aviv, Washington non ha mai osato, se non a parole, ostacolare Israele, neppure sul piano politico, restando sempre al fianco del governo israeliano, nonostante non fosse il migliore interlocutore per Obama. Arrivati al dunque, al momento decisivo, gli Stati Uniti non deragliano da una alleanza, che nei fatti, deve essere messa davanti a tutto, anche agli equilibri regionali, che potrebbero acquisire assetti ben più stabili con la costituzione, attesa da anni, di uno stato per i palestinesi. La lobby ebraica, potentissima negli USA e lo stesso governo di Tel Aviv, potrebbero avere agito di concerto, facendo pressione a causa del troppo spazio dato agli iraniani, nei negoziati per il nucleare e profondamente avversati da Israele. Gli USA, però, arroccandosi dietro l’alleanza con gli israeliani, restringono troppo la loro prospettiva e si lasciano sfuggire l’occasione di un medio oriente maggiormente pacificato ed elemento fondamentale nella politica estera. La costituzione dello stato di Palestina, è un punto fermo nel complesso della politica estera di Obama e non si comprende come possa raggiungerlo con proposte così deboli. Le giustificazioni israeliane a sostegno della loro presenza militare, poi, non possono che aggravare la cosa. Pensare che i palestinesi possano solo lontanamente credere che Tel Aviv non sia sul suolo della Palestina, ancorché costituita in stato sovrano, per fornire protezione e contro altri nemici, rappresentano una mancanza enorme sul piano diplomatico, che è quello sul quale si svolge la trattativa. Ciò obbliga la segreteria di stato americana a rielaborare una nuova proposta, che tenga in maggiore considerazione le richieste palestinesi, che puntano ad una risoluzione definitiva di tutte le questioni con gli israeliani, senza rinviarne alcuna. Una soluzione, riguardo alla necessità della presenza di una forza militare sul territorio palestinese, che sarebbe comunque al centro dei fragili equilibri geopolitici della regione, è quella formulata dallo stesso Abbas, che si è detto favorevole ad un contingente internazionale in Cisgiordania; si tratta di una proposta ragionevole, che rappresenta una concessione alle necessità sia degli USA, che di Israele. Ma è proprio da Tel Aviv che vi è un irrigidimento su questa via d’uscita, in quanto Israele vuole continuare a presidiare con le sue truppe il territorio palestinese. Al momento, quindi, non sembrano esistere margini di trattativa e si rischia, per gli USA, di mancare una occasione importante.
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