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giovedì 2 gennaio 2014

Corea del Nord: Kim Jong-Un ribadisce il suo potere

Se, riguardo allo stato del regime vigente in Corea del Nord, si aveva bisogno di conferme, è stato lo stesso leader del paese, Kim Jong-Un, durante il suo messaggio di Capodanno alla nazione, ha ribadire che l’apparato di potere di Pyongyang continuerà a detenere il monopolio del potere senza prevedere alcuna forma di dissenso. L’eliminazione fisica di alcuni funzionari, ed in particolare quello che veniva identificato come il numero due del regime, lo zio del presidente Jang Song-Thaek, è stato ammesso per la prima volta in pubblico, con la giustificazione della necessità di eliminare gli elementi anti rivoluzionari dal partito, favorendone la solidarietà interna. Si capisce che la vicenda appena conclusa potrebbe essere soltanto una parte di una lotta di potere che sta attraversando la Corea del Nord. Secondo alcuni analisti la necessità di rafforzare la propria posizione di leader del giovane dittatore, sarebbe una risposta al peso crescente dell’opposizione interna, che propendeva per un allentamento delle rigide misure di controllo e dell’assetto produttivo verso una direzione più orientata al modello cinese. Stando ai fatti, in questo momento starebbe prevalendo l’area militarista, che rappresenta la vera parte sociale detentrice del potere; la lotta, tutta interna ai vertici del regime, non sarebbe soltanto su ragioni di materia ideologica, ma anche per problemi finanziari legati alla destinazione delle risicate risorse nel budget statale. Per i militari la spesa in armamenti è essenziale per preservare la loro posizione al massimo livello della società del paese attraverso il monopolio anche tecnologico della forza. Si sta parlando, comunque, di un dissidio, certo molto grave, ma che avviene tutto all’interno del sistema di potere nordcoreano, lasciando esclusa la totalità della popolazione, che apprende di questi avvenimenti soltanto dalla propaganda locale, gestita in modo totalitario dai vertici dello stato. Il messaggio diretto al popolo è, quindi, quello di presentare sempre la nazione come un corpo unico con il partito, che deve essere granitico nella sua condotta, senza ammettere defezioni, anche in piccola parte, di sorta. Proprio questa esclusione della nazione, in quanto società del paese, induce a credere che il messaggio sia rivolto, oltre che ad altri potenziali avversari, che, di fatto, non dovrebbero più esistere, soprattutto ad altri soggetti internazionali, che potevano avere pensato alla possibilità di eliminare Kim Jong-Un ed i suoi seguaci dalla scena politica interna. Uno di questi soggetti potrebbe essere la Cina, che male sopporta un stato confinante così scomodo sul piano internazionale, per la questione nucleare e per i tanti nordcoreani che sfuggono alla dittatura di Pyongyang cercando rifugio entro il territorio di Pechino; se è pur vero, infatti, che la Cina è l’unico alleato della Corea del Nord è altrettanto vero che l’eliminazione di Jang Song-Thaek, che era il principale interlocutore nordcoreano con la Repubblica Popolare Cinese, potrebbe sovvertire gli equilibri fino ad ora presenti. Questa opzione presenta però delle grosse incognite, il destino naturale della Corea del Nord, in caso di caduta della dittatura, è una riunione con la Corea del Sud per riformare un unico stato nella penisola coreana; ciò potrebbe, pur rappresentando il male minore, non essere conveniente per Pechino, che si ritroverebbe alla frontiera un alleato di Washington. La Cina è sembrata essere stata colta di sorpresa dai recenti sviluppi avvenuti a Pyongyang e per il momento sembra attendere ulteriori fatti che possano chiarire la situazione e sembra optare per una tattica attendista. Kim Jong-Un non ha menzionato la Pechino nel suo discorso ufficiale, ma si è limitato a lanciare i soliti proclami contro gli USA, che non hanno rappresentato alcuna novità che potesse consentire una lettura interpretativa delle intenzioni di quello che sta passando alla storia come il leader più imprevedibile presente sulla scena internazionale, per i segnali sempre più contrastanti che fornisce dal suo comportamento. Anche l’invito ad una riconciliazione con la Corea del Sud compare in modo frequente, quando non è alternato a minacce, come era successo di recente con le truppe schierate lungo i confini; questa benevolenza potrebbe, invece significare una riapertura del dialogo da effettuarsi con gruppo dirigente uscito vincitore o anche solo la comunicazione che alcuni interlocutori non potranno più essere presenti perché eliminati fisicamente. Questo perché è impossibile non pensare che a Pyongyang non credano ad un complotto che può partire da Seul in ogni momento.

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