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lunedì 10 marzo 2014

Crimea: le incognite tatari e Turchia

Nella sempre più difficile situazione della Crimea spunta l’incognita tatara. Il terzo gruppo etnico presente in Crimea, forte di circa 300.000 persone, che rappresentano il 16% dell’intera popolazione, temono il nuovo dominio russo, a causa degli antefatti storici precedenti. Presenti nel paese fin dal 1400, durante la dittatura di Stalin furono deportati in base al principio della responsabilità collettiva per la presunta collaborazione con l’invasore nazista. Ritornati in Crimea grazie alla politica di Krusciov, sono stati sempre considerati una minaccia all’integrità del mondo slavo e per questo hanno subito l’ostracismo sia degli zar, che dell’URSS. Il loro orientamento, nei riguardi del referendum sull’adesione della Crimea alla Russia è di netto contrasto, ma non è detto che i tatari si rechino alle urne: tra le possibilità vi è anche quella del boicottaggio della consultazione. Le caratteristiche del gruppo tataro sono di parlare la lingua turca e di praticare la religione musulmana. Questo ultimo aspetto potrebbe essere fonte di inquietudini per il Cremlino alle prese con il dilagare del fondamentalismo islamico nel cuore del Caucaso. Il timore di una azione repressiva russa ha indotto i tatari a richiedere aiuto alla Turchia, che ha risposto positivamente all’appello proclamando che i tatari sono gli abitanti originari della Crimea e che farà di tutto per difenderli. Istanbul entra così sulla scena di una crisi internazionale che si svolge all’interno del Mar Nero e dove la presenza turca rischia di fare peggiorare le cose. La Turchia è infatti un membro effettivo, e strategicamente fondamentale, per la NATO, che potrebbe essere chiamata in causa direttamente dall’articolo quattro del trattato in vigore. Nei giorni scorsi vi sono state allarmanti avvisaglie di quello che potrebbe accadere: otto F16 turchi sono decollati per intercettare un aereo spia russo molto vicino allo spazio aereo di Istanbul. Occorre ricordare anche che la situazione politica interna del paese turco è molto instabile per gli scandali, che hanno messo in difficoltà il governo, di cui sono responsabili persone molto vicine al presidente Erdogan; per la massima carica della Turchia l’occasione di difendere i tatari sarebbe un mezzo per distogliere l’attenzione dei problemi interni e riaprire quel percorso che intendeva portare ad Istanbul prestigio internazionale sui paesi musulmani. Il potenziale negativo del coinvolgimento della Turchia è quindi doppio: da un lato l’appartenenza alla NATO potrebbe essere sfruttato dagli USA per minacciare un intervento diretto nel Mar Nero, dall’altro l’innalzamento del livello di guardia delle forze armate turche, molto bene armate, alza le probabilità di incidenti le cui conseguenze potrebbero produrre situazioni esplosive. La questione tatara non deve essere quindi sottovalutata dalla Russia, all’interno dell’azione in Crimea e più in generale nell’ottica complessiva della minaccia terroristica: un trattamento penalizzante dell’etnia musulmana potrebbe favorire lo sviluppo delle ragioni, prima del fondamentalismo, poi del terrorismo islamico anche in questa parte di territorio, che potrebbe entrare a fare parte della Russia, oltre ad essere destabilizzante per la stessa Crimea, qualunque sia il suo futuro.

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