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giovedì 20 marzo 2014

La necessità di una indipendenza energetica nell'esercizio della politica internazionale

La vicenda della Crimea, per gli equilibri geopolitici ed economici che va ad intaccare, impone all’occidente di studiare, in forma sempre più coordinata una reale indipendenza energetica, che permetta, soprattutto all’Europa di essere meno indipendente dalle fonti russe. Senza questa dipendenza, infatti, le risposte diplomatiche alla Russia, a seguito dell’invasione della Crimea, avrebbero potuto essere ben differenti, più pesanti e ben più veloci. Desta stupore come gli USA, che sono a capo dell’alleanza occidentale non abbiano pensato prima ad un intervento del genere, che gli avrebbe permesso una maggiore libertà di azione. I forti quantitativi acquistati di gas russo dai paesi più industrializzati del vecchio continente si somma alla quasi totale dipendenza delle nazioni prima appartenenti al Patto di Varsavia. Questa situazione non facilita certo risposte adeguate in caso di crisi internazionale. Se Mosca viene sanzionata, numerosi paesi restano senza fonti di energia. In realtà questo non accade proprio per la reciproca dipendenza, che, però, permette a Mosca di agire indisturbata, quando si sente minacciata sul piano internazionale. La strada da seguire è una maggiore coordinamento nel ricercare fornitori alternativi, stipulando contratti di area e non a livello di singolo paese. Le nazioni che potrebbero essere coinvolte con accordi commerciali vanno ricercate anche in paesi tradizionalmente tenuti lontani dai traffici occidentali, come Iraq ed Iran. A questo proposito diventa sempre più importante e strategico risolvere la questione nucleare iraniana, per stringere con Teheran, secondo paese al mondo per riserve di gas, nuovi accordi, non solo in senso energetico, ma che sappiano aprire nuovi mercati per i prodotti occidentali. La Tecnologia americana ha reso il paese quasi totalmente indipendente grazie ai gas di scisto, che presto potranno anche essere esportati, rompendo il quasi monopolio russo. Se questo passo si concretizzerà per Mosca sarà un duro colpo, non avendo la Russia ancora sviluppata una industria manifatturiera tale da rimpiazzare le esportazioni di materie prime legate all’energia. Tuttavia quel momento non pare essere ancora visibile a breve termine, per cui la Russia può ancora esercitare la sua influenza internazionale. Un altro aspetto poco incrementato è quello delle energie rinnovabili, sul cui sviluppo la crisi ha gravato parecchio. Specialmente nel sud dell’Europa queste tecnologie devono essere incrementate ed enti prettamente militari come la NATO, dovrebbero perseguire lo sviluppo di queste tecnologie con forme di finanziamento, che andrebbero a costituire investimenti preventivi anche dal lato militare. Vi è anche la questione del nucleare, la tragedia di Fukushima ha rallentato o fermato questa tecnologia e quelle connesse, come la fusione fredda, trasformando un disastro ambientale in occasione di guadagno e di importanza strategica per i paesi produttori di gas e petrolio. Se gli USA vogliono essere i veri leader dell’occidente non possono non pensare ad affrancare la dipendenza dalle materie prime dei loro alleati. In questo momento la questione riguarda la Russia, ma in futuro potrebbe riguardare altre potenze. Una visione più a lungo termine dell’intero mondo occidentale sugli sviluppi della politica estera, connessi a quella energetica è sempre più essenziale per la vita di uno stato. L’incremento della cooperazione diventa, quindi, centrale in un’ottica sia preventiva, che successiva ad una eventuale crisi. Gli strumenti di pressione saranno sempre meno militari e più economici e questo impone un ruolo ed una visione più ampia alle organizzazioni sovranazionali della sicurezza, come a quelle politiche.

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