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martedì 15 aprile 2014

Cosa c'è dietro l'attentato in Nigeria

Il sanguinoso attentato che ha riguardato la capitale nigeriana Abuja, ha provocato 71 vittime ed oltre 124 feriti. Le modalità della strage, effettuata con una bomba collocata nell’ora di punta, presso una delle stazioni degli autobus più frequentate della città non sarebbe ancora stata rivendicata; tuttavia il colpevole più probabile viene indicato nel gruppo islamico estremista Boko Haram. L’attività di questa milizia islamica, che si suppone abbia contatti molto stretti con Al Qaeda, per sviluppare in Africa la visione musulmana integralista, si è già registrata per altri attentati che hanno insanguinato il paese nel 2011, come l’attacco contro la sede dell’ONU nella capitale nigeriana ed anche l’attentato ad una chiesa cristiana che provocò 44 vittime. Il paese nigeriano è attraversato da una profonda conflittualità dovuta alla sua composizione sociale e religiosa molto eterogenea, dove, infatti, la divisione tra cristiani e musulmani è profonda e radicata all’interno del paese su basi geografiche: al sud la maggioranza è di orientamento cattolico, mentre al nord è musulmana. Un recente rapporto di Amnesty International ha denunciato come gli attacchi sistematici delle milizie integraliste, abbia provocato diverse vittime, che sommate a quelle delle rappresaglie delle forze di sicurezza, avrebbero causato circa 1.500 morti. Questi attentati si sono concentrati nella parte nord orientale del paese ed hanno provocato la maggior parte delle vittime tra i civili. La situazione continua a degenerare in una pericolosa escalation, che configura pesanti violazioni dei diritti civili ed anche del diritto internazionale per la presenza di miliziani stranieri tra i gruppi integralisti. La Nigeria è presa di mira a causa delle sue ricchezze e dalla grande capacità di crescita, che ne fa uno dei paesi potenzialmente a più alto tasso di sviluppo futuro. Per i musulmani integralisti ottenere il controllo di uno stato così ricco, anche in proiezione futura, assicurerebbe una grande capacità strategica ed un prestigio da spendere nell’intero mondo musulmano. Non è un caso quindi, che gli attacchi concentrati spesso nelle zone ad alta concentrazione cristiana, puntino ad un allontanamento delle popolazioni non musulmane per favorire un controllo capillare di quei territori. Al potere ed alla capacità militare delle milizie islamiche, si oppone una uguale ferocia nelle rappresaglie delle forze di sicurezza, che spesso esagerano la loro azione provocando vittime anche tra chi non appartiene ai gruppi integralisti. L’attentato della capitale dimostra come la situazione possa sfuggire di mano alle forze governative, che, a questo punto, avrebbero bisogno di un coordinamento e di un rinforzo internazionale, ancora meglio se sotto l’egida dell’ONU. L’Africa, a parte poche eccezioni, sembra essere uscita dall’orbita dell’interesse occidentale, sia per la ritrosia degli stati africani ad avere in casa i vecchi colonizzatori, sia per una maggiore concentrazione, sia militare, che politica e che economica verso altre zone del mondo, come il sud est asiatico. Questo ha determinato un maggiore inserimento dei cinesi, che però, si tengono in disparte rispetto alla vita politica dei paesi africani, preferendo concentrarsi sugli aspetti economici. Paesi come la Nigeria, che stanno vivendo una stagione di sviluppo mai attraversata, hanno delle debolezze intrinseche nei loro sistemi politici, che non sono ancora sufficientemente testati per uno stress del genere, aggravato poi dalle profonde differenze etniche e religiose, che sembrano amplificarsi con la sopraggiunta ricchezza. Siamo di fronte ad episodi di terrorismo che si collocano in contesti ben differenti dalle situazioni di estrema povertà delle zone sub sahariane, dove viene sfruttata, appunto, la penuria di mezzi economici. In Nigeria si lotta, piuttosto, per avere il controllo su di un paese che potrebbe essere una chiave di volta per lo sviluppo continentale. Sarebbe opportuno che l’occidente comprendesse a fondo queste vicende, per evitare di dovere affrontare Al Qaeda insediata su di una miniera d’oro.

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