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venerdì 4 aprile 2014
Il premier cinese afferma che il partito unico è il migliore sistema politico per la Cina
Il premier cinese ha ribadito che la Cina non abbandonerà il sistema del partito unico. Questa dichiarazione, che non desta sorpresa, ha deluso chi sperava da Xi Jinping aperture verso il multipartitismo, che erano state alimentate alla sua elezione, per la sua fama di statista libertario. In realtà la Cina non pare ancora pronta a sacrificare il proprio sistema di potere, che assicura una catena di comando certa, funzionale all’aspetto che in questo momento è maggiormente sentito nel paese: quello economico. Le certezze granitiche del sistema cinese non possono andare ad infrangersi contro i mille rivoli che potrebbero nascere da una opinione pubblica divisa in partiti di opposte idee politiche, che non potrebbero che provocare un rallentamento del processo decisionale. Naturalmente il premier cinese, che ha affermato che l’attuale sistema monopartitico è il più consone alla nazione, non ha evidenziato le controindicazioni, che pure stanno creando diversi problemi al paese. Primo fra tutti la corruzione, che ha un impatto ugualmente importante e decisivo sui problemi legati all’economia, così come l’eccessiva burocrazia, necessaria al partito per esercitare il dovuto controllo sulla società cinese. Questa mancanza di aperture a soluzioni anche più blande, rivela la paura dei governanti cinesi di fronte a praticamente certi cambi di direzione della vita politica, nel caso della presenza di altre formazioni politiche autorizzate. D’altronde il controllo asfissiante per prevenire le forme di dissenso è un elemento che dimostra come la necessità di non avere grandi contrasti nel tessuto sociale sia un obiettivo primario. Eppure non tutta la società cinese è allineata con il pensiero unico; tralasciando le fonti di contrasto di natura regionale, religiosa o etnica, che rappresentano peculiarità differenti con il dissenso presente nei cinesi non legati a queste tematiche, quello che si sta sviluppando è un movimento che lotta contro la profonda diseguaglianza presente nella società, contro le differenze tra città e campagne, a favore dei diritti civili e dei lavoratori e contro l’inquinamento sempre più asfissiante, che compromette gravemente la salute dei cittadini. Anche senza partiti, in Cina si sta formando una coscienza antagonista che nasce dalla mancata soddisfazione dei bisogni. Queste istanze devono essere recepite dai governanti proprio per ridurre la pericolosità che questi argomenti possono creare al sistema del partito unico. Pur restando un paese ancora molto rigido, recenti sentenze degli organismi giudiziari cinesi hanno cambiato gli indirizzi politici, che andavano contro gli interessi comuni. Deve essere specificato anche che il Partito Comunista Cinese è sempre meno un corpo monolitico e questo è vero sia nel bene che nel male. Infatti al suo interno si agitano tendenze opposte sia su base centrale che locale. Proprio gli organismi locali sono spesso protagonisti di una volontà conservatrice per tutelare la loro posizione privilegiata, che si connette strettamente ai fenomeni negativi della corruzione e della diseguaglianza. Quindi la difesa del partito unico appare un controsenso, se rapportata proprio alla struttura del Partito Comunista Cinese, che al suo interno non riesce a fermare le forze che tendono a scalfire il proprio monolitismo. Queste considerazioni oggettive portano a concludere che quella di Xi Jinping sia una dichiarazione ad uso e consumo per il mondo occidentale più che per il proprio paese. Nell’evidenziare come per la Cina il monopartitismo sia la soluzione più consona, si avverte l’occidente a fermare le critiche nei riguardi del partito unico ed i tentativi di proclamare migliore il multipartitismo e quindi la democrazia, come sistema politico superiore; si assiste, cioè, ad uno scontro verbale sulla bontà dei rispettivi sistemi politici. Se ad un abitante di una democrazia matura occidentale si chiede cosa pensi del partito unico, tranne alcune eccezioni, la risposta è scontata . Questa visione però può non corrispondere nella risposta di un cinese nato e cresciuto in un paese con un sistema opposto; questo è però sempre meno vero, grazie alla diffusione dei mezzi tecnologici che permettono, anche in una situazione di censura, di avere una conoscenza, seppure non completa, di altri modi di vivere e di interpretare la politica. La Cina teme l’invasione delle idee occidentali e cerca di frenarle con la propaganda, ribadendo il proprio credo che persegue sempre in politica estera: mai praticare ingerenza negli affari interni degli altri stati, chiedendo che questa pratica valga anche per gli altri stati nei propri confronti.
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