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mercoledì 28 maggio 2014

Il Vaticano protagonista per la pace in Palestina

L’invito rivolto da Papa Francesco, hai rappresentanti politici di Israele e Palestina, affinché si rechino in Vaticano per risolvere l’annosa controversia, riveste un valore epocale nella diplomazia mondiale. Nonostante l’impresa sia improba, a causa dei ripetuti fallimenti dei negoziati, il fatto che ad irrompere sulla scena delle relazioni internazionali, nella questione più annosa e difficile, sia lo stato della Città del Vaticano, rappresenta una autentica rivoluzione per i rapporti fra gli stati ed in modo speciale, entra nel merito della questione con l’intento chiaro di risolverla. La posizione di neutralità tra i contendenti che il Vaticano offre, l’assoluta imparzialità ed il chiaro disinteresse, se non quello di conseguire finalmente la pace in una zona del mondo molto travagliata e che ha riflessi sugli equilibri internazionali, rappresentano le migliori garanzie per intavolare una trattativa definitiva, che possa conseguire il risultato desiderato dalla maggioranza del pianeta. Francesco ha usato tutto il suo carisma e l’influenza di cui ormai gode a livello mondiale, per lanciare una proposta che non potrà non essere ascoltata. Intanto perché rappresenta una occasione immediata per riprendere un dialogo compromesso, ma soprattutto, perché chi osasse non cogliere questa opportunità vedrebbe ridotta di molto la propria considerazione politica e diplomatica. Certamente per i palestinesi sarà più facile accettare, giacché possono arrivare a sedere ad un tavolo delle trattative con la dignità di una nazione, grazie all’intenzione del Pontefice di trattare allo stesso livello le due delegazioni, inoltre Papa Francesco ha riconosciuto come l’esigenza della creazione dello stato della Palestina sia una esigenza inderogabile ed improcrastinabile. Viceversa non sarà così agevole per l’attuale governo di Tel Aviv, sempre che ne abbia davvero realmente intenzione, rifiutare una tale proposta: l’isolamento di Israele dal consesso internazionale ha ormai raggiunto i livelli di guardia e mancare questo appuntamento significherebbe ammettere che l’esecutivo israeliano non ha mai avuto realmente intenzione di arrivare ad un accordo con i palestinesi, come oramai la maggior parte del mondo sospetta, primi fra tutti gli Stati Uniti, principale alleato dello stato della stella di David. Certamente la proposta del Vescovo di Roma è arrivata inattesa al governo di Israele e chissà se gradita ed obbliga Tel Aviv a rallentare, se non rivedere totalmente la propria politica degli insediamenti. Infatti sembra realmente improbabile che il Vaticano possa accettare di condurre una trattativa senza segni tangibili di buona volontà tra le parti. Se per i palestinesi sarà più facile adeguarsi a queste condizioni, lo stato israeliano dovrà mediare perfino all’interno del proprio governo, dove convivono partiti favorevoli al dialogo, con altri, fautori della chiusura totale, praticanti attivi della politica delle colonie, che tanto terreno ha sottratto in maniera illegale ai palestinesi e resta il principale ostacolo reale alla ripresa dei negoziati. Per i rappresentanti della Palestina sarà facile rimanere sulle proprie posizioni riguardo alla divisione dei territori e basterà non esercitare atti di violenza contro lo stato di Israele, per essere, agli occhi del mondo, un interlocutore affidabile. In quest’ottica il legame rinsaldato tra le due anime del movimento palestinese, quella più moderata dell’OLP e quella più estrema di Hamas, potrà permettere un maggiore controllo contro atti nocivi alla trattativa. Ora si tratterà di vedere se il premier israeliano continuerà nella sua strategia del rinvio, che gli ha permesso di aumentare gli insediamenti, o se dovrà cambiare linea di condotta. Se non altro la proposta del Papa avrà il merito di fare chiarezza sulle reali intenzioni di Tel Aviv, esponendola, in caso di mancata partecipazione all’invito vaticano, ad una assunzione di responsabilità che potrebbe rivelarsi un peso troppo grosso per il già fragile esecutivo di Israele. In ogni caso con la sua proposta Papa Francesco pare irrompere sulla scena internazionale come un sicuro protagonista, potenzialmente spendibile per altre questioni difficili, dove la posta in gioco sia la pace e la stabilità.

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