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mercoledì 4 giugno 2014
Il governo USA collaborerà anche con il nuovo governo palestinese
Nonostante le rimostranze fatte da Washington alla notizia della formazione del nuovo governo palestinese, composto dall’unione delle due forze tradizionalmente antagoniste: Fatah ed Hamas, gli Stati Uniti hanno confermato che continueranno a collaborare anche con questo esecutivo che guiderà la Palestina. La notizia ha suscitato dure critiche da parte di Tel Aviv, che immaginava un rinvio a data da destinarsi della ripresa delle trattative di pace, proprio grazie ad un ritiro degli USA per la presenza di Hamas. Viceversa la decisione della Casa Bianca testimonia una reale volontà di perseguire la strada delle trattative o comunque di non volere prendersi la responsabilità di fronte all’opinione pubblica mondiale per un eventuale fallimento. Il governo israeliano si trova così costretto a rivedere la propria strategia che puntava a guadagnare tempo sulla trattativa per assestare la presenza dei coloni nei territori. Questo nasce anche dalle profonde divisioni in seno all’esecutivo di Tel Aviv, letteralmente diviso al suo interno sulla politica da perseguire, sia nei confronti dei negoziati di pace che dovrebbero portare nascita dello stato palestinese, sia all’atteggiamento da tenere nei confronti dell’espansionismo israeliano in Cisgiordania, sostenuto dal partito dei coloni presente nel governo nazionale. Netanyahu ha parlato di ingenuità americana, inquadrando come scelta irresponsabile la decisione di collaborare con il nuovo governo palestinese. In realtà già l’unione che ha permesso la nascita del governo palestinese era stata condannata pubblicamente dal premier israeliano come un sodalizio in cui figurava un gruppo terrorista, tuttavia la vera ragione era apparsa chiara fin da subito perché andava a rendere inutile la politica di Tel Aviv basata sulla divisione dei movimenti palestinesi. La manovra di Abbas, che ha formato un governo tecnico, formato da ministri non legati ad Hamas, ha però convinto gli americani sulla strada di proseguire la collaborazione, lasciando Netanyahu isolato nella sua delusione per la mancata conferma della rinuncia degli americani al riconoscimento del governo palestinese. Questo episodio si aggiunge ad una serie di sconfitte per la diplomazia israeliana, sia nei confronti dello scenario internazionale, sia con gli stessi Stati Uniti. La preminenza del raggiungimento della pacificazione tra Israele e palestinesi e quindi la conseguente fine dell’annosa questione resta, così, tra gli obiettivi principali dell’amministrazione Obama, intenzionata a raggiungerla quasi ad ogni costo e sacrificando anche alcuni aspetti del rapporto con l’attuale governo israeliano. Del resto la costanza di Kerry non è mai venuta meno, anche in momenti forse più difficili delle trattative, che la circostanza attuale dove, alla fine, Hamas assicura un sostegno esterno al governo non avendo alcun membro tra i ministri. Questa situazione dovrebbe invece rappresentare la migliore opzione possibile, giacché con la collocazione istituzionale di Hamas e non più al di fuori della compagine governativa, il movimento è costretto a mantenere un profilo contraddistinto da cautela e, nello stesso tempo, può essere più agevolmente controllato dalla parte palestinese considerata più pacifica. Inoltre questa condizione rappresenta l’occasione per una reciproca conoscenza con gli americani e gli stessi israeliani, che può essere utile ad un dialogo più approfondito delle rispettive ragioni. Per Abbas la continuazione della collaborazione annunciata dal governo degli USA rappresenta una vittoria diplomatica, che pone Israele in una luce negativa nell’ambito internazionale, una continuazione ideale delle sconfitte patite a seguito dei ripetuti riconoscimenti da organismi internazionali all’Autorità Palestinese ed inutilmente osteggiati da Tel Aviv. Anche le ritorsioni minacciate da Israele contro i palestinesi, come la riduzione del gettito fiscale, mostrano un governo astioso e senza idee alternative, incapace di affrontare con serenità una situazione che è sempre più inevitabile; la ragione di fondo è che il governo di Netanyahu non vuole la nascita di uno stato palestinese ai suoi confini, non comprendendo che questa è orami l’unica soluzione per la sicurezza stessa di Israele, cosa che Obama ha compreso da tempo, ma su cui non ha insistito ancora abbastanza, anche se la decisione di collaborare con il nuovo governo palestinese può rappresentare una vera svolta nell’approccio stesso con Israele.
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