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mercoledì 19 novembre 2014
L'esercito iracheno avanza sullo Stato islamico
Per l’esercito dello Stato islamico starebbe cominciando la ritirata dal territorio irakeno; dopo la conquista di Baiji, città importante per la presenza della maggiore raffineria nazionale, l’esercito regolare dell’Iraq starebbe lanciando una offensiva di terra per la riconquista di Tikrit. La retorica dello Stato islamico aveva presentato la conquista di Baiji, località situata tra Tikrit e Mosul, come punto strategico per lanciare l’attacco a Bagdad, ma ora, con il ritiro dalla città a 200 chilometri dalla capitale, la linea dei rifornimenti per le forze del califfato è notevolmente compromessa. Questa strategia, del resto, è quella su cui si basa l’insieme delle forze che contrastano gli estremisti islamici: costringere lo Stato islamico ad arretrare le proprie posizioni e riconquistare la sovranità sullo stato irakeno. La sinergia tra esercito regolare, milizie sciite e forze appartenenti ai clan tribali sunniti, che completa l’azione fondamentale dei curdi, ha permesso una avanzata nella provincia di Diyala, che si trova nella zona nord orientale, rispetto alla capitale e l’ingente spostamento di truppe nella provincia di Salah ad-Din, dovrebbe permettere la riconquista di Tikrit. L’appoggio dell’aviazione della coalizione contro lo Stato islamico si è rivelata ancora una volta decisiva, anche per i progressi fatti dall’inizio dell’entrata nelle ostilità; grazie al lavoro di intelligence, la percentuale di bersagli sensibili è aumentata, mentre la copertura dall’alto delle azioni sul terreno, permette una maggiore incisività alle truppe di terra. Questa avanzata ha ridato ottimismo anche al Segretario di stato USA, John Kerry, che ha parlato di prospettive di vittoria, non più quantificabili in anni ma in mesi. Tuttavia, secondo alcuni analisti, la capacità degli arsenali del califfato potrebbe consentire ancora combattimenti in un tempo stimato addirittura in due anni. Si tratta di armi, anche pesanti, sottratte all’esercito irakeno, nelle prime fasi dell’avanzata dello Stato islamico, mentre l’afflusso di combattenti da paesi stranieri, tra cui molti europei, consente al califfato di avere la disponibilità di sempre maggiori effettivi da impiegare sul terreno. Il pericolo che incombe su Bagdad, peraltro, è tutt’altro che scongiurato, dato che lo Stato islamico mantiene saldamente il controllo della provincia di Al Anbar e della città di Falluja ad appena sessanta chilometri dalla capitale. Resta altrettanto altamente pericolosa la strategia che il califfato affianca alle azioni militari propriamente dette e, cioè, l’uso degli attentati terroristici nelle città che non riesce a conquistare ed, in modo particolare, a Bagdad; mentre nei territori dove vige il dominio del califfato non si arrestano le brutalità sui prigionieri e sulla popolazione. Esiste una regia sapiente che dosa le immagini cruente delle esecuzioni per fare presa su di un pubblico di giovani estremisti, che vengono reclutati anche grazie alla produzione di questi video agghiaccianti, messi in rete con assoluta competenza. La padronanza di questi mezzi, secondo alcuni affinata durante le primavere islamiche, costituisce un elemento di disturbo non indifferente nella guerra allo Stato islamico, con gli stati europei che devono fronteggiare il fenomeno dei migranti al contrario per essere arruolati nei combattenti islamici. La strategia occidentale, finora si è concentrata sul favorire le alleanze tra i vari gruppi, scelta vincente che ha messo fine allo sfruttamento delle divisioni presenti nel paese da parte del califfato, tuttavia il fenomeno mediatico non appare sufficientemente contrastato e soltanto negli ultimi tempi è oggetto di una maggiore attenzione per i suoi risvolti propagandistici. Questa mancanza dovrà essere subito colmata per togliere ulteriori armi allo Stato islamico.
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