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martedì 30 dicembre 2014
Cosa ha causato il caso greco
La vicenda greca potrebbe costituire un sovvertimento delle regole fin qui applicate, invertendo la rotta del sistema economico finanziario applicato nell’Unione Europea. La ricetta applicata per risolvere gli squilibri dei valori di bilancio provocata da investimenti sbagliati perché destinati ad arricchire in maniera veloce soltanto piccole parti del tessuto sociale, ha sollevato ormai dei moti di indignazione da parte di chi è stato caricato, in maniera integrale, del costo della crisi. Fin qui le ragioni chiare e contingenti, ma oltre queste, potrebbero esistere altri motivi per cercare di allineare il costo del lavoro europeo, gravato dai costi sociali e dei diritti, a quello dei paesi emergenti, come finalità vera delle grandi strette di bilancio che hanno penalizzato la classe media. In sostanza esisterebbe un progetto, neanche troppo nascosto, per comprimere i salari europei per ridare competitività alle aziende all’interno del territorio dell’Unione Europea, incentrato sulla esclusiva riduzione dei costi del lavoro. In questa ottica il caso greco è emblematico e costituisce un chiaro esempio di laboratorio, dove si conduce un esperimento basato sul peggioramento della vita dei cittadini ellenici tramite la minore disponibilità di reddito della gran parte della popolazione del paese, con il chiaro scopo di indurre l’accettazione di norme prima neanche proponibili. Spesso si è sentito dire che il popolo greco, ma anche quello italiano, spagnolo, portoghese e francese, viveva al di sopra delle proprie possibilità e che in conseguenza di questo teorema lo stato dovesse adeguarsi, come poi è effettivamente successo, a tagli sostanziosi del welfare unito a diminuzione consistente del potere d’acquisto del salario anche per l’innalzamento della tassazione, sia diretta che indiretta. Questa azione si è tradotta non solo nel calo dei consumi, che ha contribuito ad un ulteriore compressione dello sviluppo economico, ma anche alla sottrazione di una serie di servizi di base, che hanno determinato il mancato accesso ai servizi sanitari e di assistenza, ritenuti ormai diritti acquisiti. Sono questi i fattori che hanno determinato uno stile di vita al di sopra delle possibilità economiche effettivamente disponibili? Se il pensiero va alle speculazioni borsistiche ed alle bolle immobiliari il confronto dice chiaramente chi ha vissuto oltre le proprie possibilità: sono state queste distrazioni di denaro, anche pubblico, a permettere a banche ed istituti finanziari di vivere molto al di sopra delle possibilità a loro consentite, sottraendo anche flussi di cassa per le aziende che potevano creare prodotti tangibili e posti di lavoro, al contrario di prodotti finanziari della consistenza irrilevante. La prova di questa asserzione sta tutta nell’alto tasso di ineguaglianza, che attraversa il tessuto sociale di tutta l’Europa e che è inconfutabile; è stato cioè addossato il costo di queste speculazioni alla maggioranza di persone peggiorandone la qualità della vita, ed il tutto è avvenuto con il placet dei vertici comunitari, che hanno provocato la sensazione di avere instaurato un governo oligarchico. Questi sentimenti, ormai troppo diffusi, hanno determinato una sfiducia verso Bruxelles verso cui la sensazione è quella di sentirsi sudditi anziché cittadini parte di un processo democratico. Questo scenario dice chiaramente che i valori fondanti della Comunità Europea, prima, e dell’Unione Europea, dopo, sono stati traditi e piegati ai voleri di un ristretto gruppo di elite che ha sovvertito, non solo l’ordine economico, ma soprattutto quello politico. Esistono ora due strade per la UE quella della dissoluzione, che non potrà non avvenire se arriveranno alla vittoria movimenti come il Fronte Nazionale in Francia o il Movimento Cinque Stelle o la Lega Nord in Italia, favorevoli all’uscita dall’euro e contrari a forme di unione politica, oppure quella di una ridiscussione dei rapporti tra gli stati su basi profondamente differenti. Syriza dovrebbe collocarsi in questo secondo scenario: non è anti europeo e neppure anti euro, ma chiede una diversa attenzione per le persone che non devono pagare per sbagli non compiuti da loro, ma è piuttosto per imputare le colpe effettive, con i relativi costi, ai veri responsabili. In mezzo c’è la palude dei partiti tradizionali che non riescono ad eliminare l’influenza a cui sono sottoposti dai grandi potentati economici, perseverando in un atteggiamento che non potrà che portare alla vittoria i fautori della dissoluzione europea. In ogni caso una robusta sterzata dal clima di stagnazione politica in cui versa l’Europa è, ormai, non più rimandabile.
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