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venerdì 13 marzo 2015

Boko Haram causa di emergenze umanitarie

La dimensione della pericolosità del movimento Boko Haram, non è solo politica ed in relazione all’espansione del terrorismo islamico, ma produce effetti pratici sugli equilibri sociali ed umanitari all’interno del territorio in cui opera. La tragica contabilità delle vittime dice che dal 2009 hanno perso la vita più di 13.000 persone e le dimensioni degli sfollati, coloro costretti alla fuga per sfuggire alle violenze integraliste, sono diventate di tali proporzioni da giustificare la dichiarazione di emergenza umanitaria. All’interno del paese nigeriano sono 650.000 i profughi, mentre hanno trovato rifugio in Niger 160.000 persone, 17.000 in Ciad e 50.000 in Camerun. Le situazioni igienico sanitarie che si sono venute a creare, a causa dell’impreparazione per l’improvviso arrivo degli sfollati, sono di assoluta emergenza: si tratta di persone che hanno perso tutto e per le quali non vi sono le sufficienti risorse per soddisfarne i bisogni primari. Il Comitato Internazionale della Croce Rossa, ha parlato di una emergenza umanitaria che coinvolge i quattro paesi confinanti, entrati nella sfera di azione di Boko Haram. L’ospitalità coinvolge edifici scolastici e governativi, ma la maggior parte di popolazione è ospitata in campi profughi improvvisati e quindi inadatti al controllo della situazione sanitaria. Le fughe improvvise hanno anche determinato la divisione delle famiglie, creando un ulteriore elemento di forte disagio. Ad essere abbandonate sono sopratutto le zone di campagna, dove l’attività agricola è preminente; con l’abbandono dei raccolti si rischia di innescare anche problemi di sostentamento per la popolazione, aggiungendo il pericolo carestia alla grave situazione sanitaria degli sfollati. La pressione dell’arrivo dei profughi all’interno delle comunità di destinazione, crea gravi problemi di approvvigionamento, considerando che siamo in zone dove la quantità di cibo non è abbondante già in situazioni normali. Le ricadute sull’economia di questi territori sono evidenti nel senso più negativo possibile: i commerci dei generi alimentari più accessibili come pesce e cereali, sono diminuiti sensibilmente andando così a colpire sia l’aspetto dell’accessibilità alle forniture alimentari, che il comparto economico che le sosteneva. La direzione di fuga di molti profughi provenienti dal settore primario è stata indirizzata in maniera forzata verso aree quasi desertiche, dove l’esercizio  dell’attività agricola è stato fortemente ridotto; inoltre eventi naturali come inondazioni hanno compromesso i raccolti, contribuendo ad aggravare una situazione già obiettivamente difficile. L’attività del Comitato della Croce Rossa Internazionale si svolge in una situazione critica, nonostante questo si sono costruite strutture sanitarie  e si sta razionalizzando le scorte alimentari per superare il difficile momento, ma proprio secondo i responsabili dell’organizzazione internazionale lo sforzo prodotto non è sufficiente a gestire la crisi. Senza un impegno in prima persona delle potenze straniere, magari sotto l’egida dell’ONU, risulta difficile vedere una soluzione positiva. La migliore soluzione sarebbe intraprendere due strade contemporaneamente: una, quella dell’aiuto umanitario massiccio, in maniera da alleviare le sofferenze della popolazione in fuga e rendere accettabile il suo soggiorno, che deve essere temporaneo, la seconda deve riguardare la purtroppo inevitabile risposta militare, che tarda troppo ad arrivare dai paesi africani. Finora solo la Francia si è impegnata in prima persona, tramite il governo alleato del Ciad e soprattutto per proteggere le proprie infrastrutture. Ma la pericolosa evoluzione di Boko Haram, che punta a legarsi con i movimenti islamici operanti in Libia, rischia di fare arrivare l’integralismo fin sulle rive del Mediterraneo. Questo aspetto non è meno pericoloso della diffusione del califfato nelle zone siriane ed irakene ed andrebbe combattuto con grande impegno. La reticenza ad impegnarsi direttamente da parte delle potenze occidentali è comprensibile ma non condivisibile: sia l’emergenza umanitaria, che quella legata al terrorismo, che sono poi intimamente legate, fanno parte delle responsabilità della parte ricca del mondo, anche per tutelare se stessa.     

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