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martedì 7 aprile 2015

Il problema dello scontro tra sciiti e sunniti al centro dello scenario internazionale

La firma dell'accordo di Losanna, rischia di esasperare il conflitto su base religiosa, che rischia di destabilizzare, non solo il medio oriente, ma anche parte dell’Asia. Vi è, infatti, tutto un insieme di alleanze e di presenze di gruppi religiosi minoritari, a seconda di quale paese si guardi, che possono diventare fattori di pesante incertezza per le relazioni internazionali. Uno dei significati principali che gli avversari di Teheran danno all’intesa raggiunta in Svizzera, non riguarda tanto gli aspetti tecnici concordati per evitare lo sviluppo in senso militare della tecnologia nucleare iraniana, ma piuttosto una valenza di tipo politico, che permette allo stato iraniano di rompere l’isolamento a cui era stato condannato ed aspirare a diventare una potenza regionale in grado di fare valere i propri intendimenti. Questo timore è soprattutto quello dell’Arabia Saudita, che d’ora in avanti non godrà più della rendita di posizione acquisita sulla scena internazionale, grazie alla sua importanza strategica, nel quadro delle alleanze con gli Stati Uniti. Washington è stato, anzi, il principale fautore del raggiungimento dell’accordo, che, occorre ricordarlo, è soltanto preparatorio in vista del negoziato finale, che dovrà concludersi entro il 30 giugno. Sulla posizione americana si sono scatenate, negli alleati sunniti prese di posizione molto contrarie, che non hanno fatto desistere però, l’esecutivo della Casa Bianca dai suoi propositi, ma hanno costretto Obama a districarsi, attraverso pericoloso equilibrismi nei rapporti internazionali con i paesi del medio oriente. Il conflitto in corso nello Yemen è stato più volte identificato come uno scontro a distanza tra Iran ed Arabia Saudita e può essere preso a modello di situazioni future, dove la presenza di una minoranza sciita o sunnita, imponga l’intervento diretto o indiretto della potenza protettrice. Quello che si configura è un duello a distanza, potenzialmente senza soluzione di continuità, che rischia di logorare la figura di prima super potenza mondiale degli Stati Uniti. Nella fattispecie dello Yemen, gli USA sono intervenuti al fianco dell’Arabia Saudita, ma in Iraq sono, anche se non formalmente alleati degli iraniani. Oltre questi teatri di guerra avanza il caso pachistano, nazione che ha al suo interno una minoranza considerevole di sciiti, circa il 20% del totale dei suoi abitanti, ma che ha da lungo tempo ingaggiato conflitti di confine con Teheran, soprattutto nelle zone del confine con il paese iraniano dove risiedono minoranze sunnite. Di recente è l’ultimo episodio dove è stata registrata la morte di otto soldati iraniani, i cui colpevoli, pare siano fuggiti nel paese pachistano. Il Pakistan è ritenuto un alleato inaffidabile dagli americani nel quadro della lotta ai talebani afghani, tanto che uno dei progetti di Obama, una volta appianate ufficialmente le divergenze con Teheran, è proprio quello di allearsi con gli iraniani per sconfiggere le milizie integraliste che trovano spesso rifugio nel territorio pachistano. Ma Islamabad è anche un alleato dell’Arabia Saudita, che ha invitato le truppe pachistane a fare parte della alleanza contro gli sciiti dello Yemen. Come si vede, siamo in presenza di uno scenario completamente collegato, dove la presenza delle minoranze rischia di diventare un elemento di forte destabilizzazione, non solo delle singole situazioni, ma nel complesso quadro in divenire dei rapporti internazionali. Occorre ricordare anche il caso avvenuto durante le primavere arabe in Bahrain, paese governato da una monarchia sunnita, ma popolato da una maggioranza sciita (circa il 61% del totale), che condusse una rivolta stroncata solo dall’intervento delle forze armate saudite. Un ulteriore elemento da non dimenticare è il possesso dell’arma atomica da parte del paese pachistano, una nazione sempre più considerata come poco stabile. La maggiore urgenza, in questo momento, è rappresentata dalla lotta allo Stato islamico, ma immediatamente dopo potrebbero moltiplicarsi tutta una serie di situazioni dove il contrasto tra sciiti e sunniti potrà mettere a dura prova la leadership americana a causa dei delicati equilibri che andranno a sollecitare. Per la Casa Bianca, ma non solo, si presenterà uno scenario completamente asimmetrico capace di alterare il quadro globale dei rapporti internazionali. Sarebbe meglio prevenire con un lavoro di diplomazia impostato alla globalità delle situazioni, piuttosto che continuare nella scelta dei piccoli passi e nella valutazione del singolo caso volta per volta.

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