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lunedì 18 maggio 2015
Il governo iracheno chiede ancora aiuto agli sciiti contro lo Stato islamico
La caduta della città di Ramadi, nella provincia irachena di Anbar, territorio a maggioranza sunnita, conquistata dalle milizie dello Stato islamico, segna una nuova sconfitta per l’esercito regolare dell’Iraq. I morti sarebbero stati oltre 500. La città di Ramadi era una delle poche città della regione che lo stato irakeno riusciva ancora a controllare. La battaglia, che ne ha determinato la conquista da parte del califfato è stata molto cruenta e segna un nuovo avanzamento degli integralisti, con modalità simili a quelle che si verificavano all’inizio del conflitto. Infatti molti militari irakeni sarebbero fuggiti lasciando campo libero agli invasori e denunciando ancora una volta l’assoluta inadeguatezza dell’esercito di Bagdad. Nonostante il livello dello scontro si sia alzato e l’esperienza sul campo dei soldati regolari avrebbe dovuto essersi accresciuta, sembra che senza l’apporto di altre forze i militari dell’Iraq non siano in grado ancora di competere con i miliziani islamici. Malgrado questo segnale indichi che la guerra sarà ancora lunga, dal Pentagono sembrano minimizzare,sottolineando come la sconfitta denunci soltanto la necessità di un maggiore appoggio e sostegno all’esercito dell’Iraq. Questa ammissione, però, sottintende implicazioni, che potrebbero diventare problematiche nelle relazioni tra gli USA e di pesi sunniti. Accertato che la guerra contro lo Stato islamico si vince essenzialmente sul terreno, avendo caratteristiche di guerra classica, dove anche l’apporto della forza aerea risulta complementare, sarebbe necessario un maggiore coinvolgimento di reparti terrestri da parte della coalizione che combatte contro il califfato. Ma a questa esigenza non possono rispondere affermativamente gli Stati Uniti, i cui soldati Obama non sembra intenzionato a schierare, se non per operazioni brevi ed altamente mirate, ma neppure gli stati sunniti. Le ragioni sul perché gli stati islamici che partecipano alla coalizione non intendano schierare i loro uomini si possono soltanto presupporre, giacché non esistono spiegazioni ufficiali. Una potrebbe essere che sarebbe considerato controproducente scegliere di fare combattere sunniti contro sunniti, sebbene ragioni di opportunità consiglierebbero come migliore soluzione proprio questa eventualità per non inquinare con motivazioni di tipo religioso o politico la guerra contro lo Stato islamico. Una ulteriore ragione andrebbe nella direzione della scelta statunitense, che è condizionata dal rifiuto della società civile del paese a vedere ancora i propri soldati impiegati in conflitti poco comprensibili agli strati sociali americani. Tuttavia, questa obiezione non pare essere valida per stati che sono minacciati quasi fino al limitare dei propri confini delle milizie del califfato. Più probabile che si tratti di freddi calcoli politici, che cercano di guadagnare zone dell’Iraq e della Siria alla loro influenza. Se così fosse l’azzardo sarebbe non da poco, i paesi sunniti cercherebbero poi di sconfiggere il califfato quando questi fosse riuscito a mettere fuori gioco il paese irakeno guidato dagli sciiti e la stessa tattica potrebbe essere applicata in Siria. Per Bagdad l’unica alternativa è ancora una volta affidarsi ai combattenti iraniani ed a quelli curdi, gli unici che finora sono stati in grado di tenere testa sul terreno allo Stato islamico. Proprio in ragione di ciò il governo iracheno avrebbe già chiesto aiuto, autorizzandole ad operare sul proprio territorio, alle milizie sciite. Se questa decisione è vera non pare credibile che non sia stata concordata con gli Stati Uniti. Per Washington contenere il califfato è diventato il problema più urgente, che può fare passare in secondo piano anche i tentativi di ricucire i rapporti con le monarchie del Golfo, che vedono l’intervento iraniano un attentato alla loro stabilità. Forse Washington all’inizio della lotta contro il califfato ha valutato in modo errato l’appoggio garantito dagli stati sunniti, che non si sono spinti mai una certa soglia ed ora si trova con Teheran come alleato e quelli che dovevano essere i veri alleati, che non garantiscono l’appoggio necessario per motivi tutt’altro che chiari.
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