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mercoledì 3 giugno 2015
Italia e Spagna a favore di un intervento in Libia
I paesi di Italia e Spagna si sono detti favorevoli ad un ampliamento del raggio di azione della coalizione che sta combattendo lo Stato islamico, in Iraq e Siria. L’intervento dovrebbe essere allargato anche al territorio libico, abbandonato a se stesso dalla potenze occidentali dopo la caduta di Gheddafi. Per ora, tuttavia, si tratta di una pura dichiarazione di principio, che ha una sua importanza diplomatica, ma non sono affrontate le modalità pratiche di intervento, rimandate a decisioni successive. Sarà importante definire le basi giuridiche dell’intervento con il governo legittimo libico, ma questa intenzione presenta già alcuni aspetti contraddittori. L’esecutivo eletto democraticamente ha dovuto trovare rifugio a Bengasi, mentre a Tripoli si è insediato un governo di matrice religiosa, seppure moderata. Entrambi hanno dichiarato che azioni sul loro territorio verranno considerati atti ostili; ma non riconoscendosi reciprocamente, questo avvertimento può essere inteso nei due sensi, cioè capace di provocare la reazione di una delle due parti nono coinvolte nell’accordo. La soluzione migliore sarebbe quella di convincere i due governi a trovare una sintesi e formare un solo esecutivo, una strada, che consentirebbe anche al paese libico di presentare un solo interlocutore alla comunità internazionale. Dal punto di vista legale quello di Bengasi è l’esecutivo legittimo, ma non possiede la forza militare per imporre quanto uscito dalle urne. Il governo insediato a Tripoli ha una maggiore capacità militare, ma non offre garanzie sufficienti, per la probabile contiguità con le milizie islamiche che fanno parte di chi gestisce il traffico degli esseri umani. Nel frattempo la situazione in Libia è sempre più pericolosa per i paesi occidentali, a causa della sempre maggiore presenza dello Stato islamico, di cui, finalmente, i paesi europei sembra abbiano preso coscienza. Per un intervento in Libia, oltre all’accordo del governo o dei governi locali, l’intenzione è quella di promuovere una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite; su questo punto l’ottimismo non è scontato in quanto la Cina e la Russia, dopo l’intervento contro Gheddafi, approvato dal Consiglio di sicurezza con la loro astensione, ebbero espresso il loro rammarico per avere permesso l’azione militare, che aveva gettato il paese nel caos. La posizione italiana e spagnola, non parte però da una preoccupazione per la sorte del paese libico, quanto per la pressione a cui i paesi mediterranei, soprattutto quello italiano, sono sottoposti per la costante pressione dei flussi migratori clandestini. Si tratta di una vera e propria arma per sottoporre l’Europa e l’occidente ad un continuo stato di stress, che si traduce in contrasti tra i paesi membri dell’Unione Europea e nella politica interna delle singoli nazioni. Questi metodi erano gli stessi che usava Gheddafi con gli stessi scopi e che ora il califfato, ma non solo, replica con risultati analoghi. L’interesse immediato dei paesi europei del Mediterraneo è fermare o limitare il traffico migratorio e le modalità passerebbero attraverso la distruzione dei barconi. Questo aspetto non tiene però conto della necessità di stabilizzare il paese libico, fattore ben più importante della distruzione dei mezzi di trasporto, in un’ottica di periodo più lungo e necessaria al miglioramento degli equilibri regionali. Per questo scopo è necessario un coinvolgimento militare che l’Alleanza Atlantica non può garantire da sola senza la partecipazione diretta dei paesi limitrofi. L’esigenza è quella, analoga al conflitto con lo Stato islamico in Siria ed Iraq, di combattere sul terreno e presidiare il territorio, ma, nel paese libico, non ci sono i combattenti sciiti e curdi ad interpretare questo ruolo. Gli aspetti pratici sono più difficoltosi: con la sola partecipazione dell’aeronautica militare, eventualmente appoggiata dalle forze navali, non si può scongiurare la minaccia del califfato, ma sembra improbabile che gli stati europei possano decidere in senso positivo per una partecipazione militare così massiccia; eppure le esigenze di intervento sono più che urgenti perché la situazione appare sempre più peggiorata. Se l’accordo tra Roma e Madrid per pensare un intervento in Libia appare come un segnale positivo, il concreto rischio che sia tardivo esiste, proprio perché vengono rimandate ad un futuro non definito le possibili modalità di intervento, l’ennesima prova della necessità di una guida politica unica e di una forza militare comune per l’Unione Europea.
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