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giovedì 29 ottobre 2015

Ridurre l'Unione Europea per impedirne la dissoluzione

La questione dei migranti mette in evidenza tutta l'ipocrisia con la quale si era costituito l’allargamento dell’Europa verso stati, che culturalmente e dal punto di vista storico e sociale, avevano poco da spartire con il nucleo originario che ha costituito la Comunità Europea. Ma anche l’atteggiamento di molto paesi occidentali lascia molti dubbi, invasi dai migranti, che scelgono le più sicure vie terrestri, sollevano problemi ed evidenziano atteggiamenti poco inclini all’ospitalità, mentre quando il problema era dell’Italia e della Grecia, sotto pressione a causa dell’uso delle vie marine, mantenevano un ostentato distacco. Ora è tutto un rigettare le responsabilità e gli oneri sui paesi confinanti: un tutto contro tutti, che impedisce un coordinamento necessario a scongiurare una crisi politica in grado di portare l’Unione Europea alla dissoluzione. La prima questione, più urgente, è la volontà, o meno, di mantenere la libera circolazione, che costituiva, ben più della moneta unica, il presupposto per l’unità europea. Se un atteggiamento di cautela è comprensibile, da parte degli stati che sono investiti dalle ondate migratorie, meno lo è adottare iniziative singole di chiusura, prese sull’ondata emozionale di una parte dell’elettorato, sempre più spesso di destra, contrario all’Europa e di impostazione populista, che sembra prendere il sopravvento su decisioni, senz’altro impegnative, ma necessarie, da parte di una organizzazione sovranazionale che ha l’obiettivo di porsi come esempio culturale e sociale nel mondo. Risulta significativo come alcuna crisi economica e neppure le misure economiche draconiane, ed ingiuste, imposte alla Grecia, abbiamo messo così in pericolo la struttura europea, come la questione dei migranti, capace di fare emergere le pulsioni peggiori, in particolare di popoli di alcuni stati, di tipo nazionalista e completamente contrarie alle idee fondanti dell’Unione Europea. Il punto centrale è che occorre una decisione netta, che porti ad una scelta di come portare aventi l’idea stessa di Europa, prima che questa termini del tutto la sua spinta propulsiva. Mai come ora appare chiaro che gli stati dell’Europa dell’Est, come del resto la Gran Bretagna, abbiano aderito alle istituzioni di Bruxelles soltanto per trarne vantaggi di tipo economico e finanziario, rifiutando, nei fatti, di adeguarsi a comportamenti che dovevano essere comuni e condivisi. Alla luce degli avvenimenti di questi giorni non si vede una differenza sostanziale, se non quella religiosa, tra gli stati dell’Europa orientale, dove, tra l’altro i diritti civili sono sempre più affievoliti, e la Turchia, stato giustamente rifiutato proprio perchè non garantiva i requisiti richiesti in questa materia. Questa considerazione non può che portare diritti all’unica possibile soluzione, che è quella di riconsiderare i trattati di adesione per formare una nuova Unione Europea, composta da soltanto nazioni in grado di collaborare e garantire determinati requisiti. Ciò potrebbe determinare la rinuncia ad una facile reperibilità di mano d’opera a buon mercato, che i paesi orientali assicurano, cosa certamente sgradita alla Germania, ma potrebbe permettere una maggiore velocità dell’esecuzione del progetto di unione europea, sopratutto nel senso politico. Questa nuova Unione Europea dovrebbe comprendere soltanto: Belgio, Cipro, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna e Svezia; paesi, che seppure con qualche differenza, hanno dimostrato una solida coerenza nei confronti dei principi fondativi dell’Unione Europea, quali presupposti necessari per cercare di portare a termine il progetto di unificazione. Tale obiettivo deve, infatti diventare preminente rispetto a tutti gli altri, come quello di integrare più stati possibili, progetto che si è rivelato fallimentare, ed essere il termine di paragone sul quale confrontare la reale volontà di adesione di uno stato all’Unione Europea; in caso contrario, come la situazione attuale sta dimostrando e come nel passato si è potuto più volte verificare, la mancanza di presupposti deve fare scattare sanzioni pesanti, fino all’esclusione da Bruxelles, proprio per tutelare la natura più intima dell’organizzazione sovranazionale ed impedirne, quindi, il disfacimento e la fine.

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