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lunedì 9 novembre 2015

David Cameron vuole indire il referendum sulla permanenza nell'Unione Europea

David Cameron sembra accelerare, per non subire un calo di consensi, sul referendum per restare, o meno, all’interno dell’Unione Europea. Le recenti dichiarazioni del premier inglese sono improntate ad un nazionalismo contraddistinto dalle ragioni dell’autosufficienza britannica, spiegata con la motivazione che la propria economia è la quinta del mondo. Questo dato, pur essendo vero, deve essere però considerato alla luce delle facilitazioni che la finanza inglese, vero motore economico di uno stato che non ha quasi più una industria manifatturiera, ha goduto per la permanenza all’interno dell’Unione Europea. La presenza inglese dentro le istituzioni di Bruxelles è sempre stata ambigua e si è fatta via via, sempre meno convinta, pur traendo enormi profitti dalla libera circolazione dei capitali gestiti da Londra. Non a caso Cameron ha parlato di un legame emotivo che si è affievolito in corrispondenza delle regole sempre più stringenti, ma ancora molto lasche, dell’Unione Europea, che i britannici stanno dimostrando di patire sempre di più. In realtà, a parte il contraccolpo psicologico, di immagine e le inevitabili ricadute che alimenterebbero i partiti anti europei, chi ha più da perdere dall’uscita da Bruxelles è proprio la Gran Bretagna, che si troverebbe molto limitata nelle manovre finanziarie con il resto dell’Europa. D’altra parte Londra ha dimostrato di non essersi integrata nel, pur minimo progetto europeo, traendone più che altro vantaggi. La reale intenzione di Cameron è quella di ottenere regole nuove, rendendo privilegiato il rapporto che dovrebbe legare il Regno Unito all’Unione Europea, in un quadro normativo valevole soltanto per Londra, che ne farebbe un membro titolare di uno status particolare, tanto da non rientrare nei normali canoni che legano una nazione alle isitutzioni di Bruxelles. Si tratta di una richiesta che assomiglia ad un ricatto, basato, appunto, sulla possibile influenza che Londra potrebbe esercitare indirettamente sui gruppi contrari all’Unione Europea, presenti negli altri stati, che più volte hanno già fatto sentire la loro voce contraria ad ogni progetto di unificazione politica. Cameron asserisce che il Regno Unito non può stare all’interno di regolamenti che non può controllare, ma intende che non può controllare autonomamente, uscendo così fuori dalla logica stessa di unione tra più paesi. Con questo modo di ragionare Londra rivendica per sé stessa un maggiore diritto rispetto alle altre nazioni, Germania compresa, cercando di rendere legale un rapporto squilibrato a favore di un solo stato, rispetto alla generalità delle norme valevoli per le altre nazioni che hanno sottoscritto i trattati. Il premier inglese compie però un vero e proprio azzardo, che il duplice scopo di rinforzare la sua leadership interna sia in ottica di supremazia nel partito conservatore, sia all’interno della nazione britannica. Ciò appare troppo poco rispetto alla posta in gioco ed alle  possibili ripercussioni economiche di una uscita dall’Unione Europea. Eppure probabilmente Cameron non è così contrario alla permanenza all’interno di Bruxelles, ma è condizionato da una parte sempre maggiore dell’opinione pubblica che va in questa direzione, anche se, secondo i sondaggi, i favorevoli alla fuoriuscita sono soltanto leggermente in maggioranza rispetto a coloro che vogliono restare all’interno di Bruxelles. In questo scenario Cameron si mostra troppo attendista e non vuole volutamente scegliere una posizione netta e definita per cercare di ottenere il massimo vantaggio per la sua carriera politica qualsiasi strada scelga il paese, rivelandosi così uno statista di basso livello, privo di una visuale a lungo raggio, indipendentemente da dove vorrà collocarsi il Regno Unito. Dal punto di vista organizzativo il referendum dovrebbe svolgersi nel 2016 anziché nel 2017, per non  sovrapporsi con le elezioni francesi e tedesche, andando ad anticipare di un anno il futuro del Regno Unito. In ogni caso se i sudditi di sua Maestà decideranno di rimanere all’interno dell’Unione Europea, il Regno Unito dovrà adeguarsi senza altre condizioni alle decisioni comuni che Bruxelles prenderà attraverso i propri organi, senza eccepire alcunchè. Per gli altri paesi europei, in questo caso, sarebbe necessario introdurre meccanismi più vincolanti capaci di legare lo sviluppo dell’unione politico alla moneta unica, governata da principi più estesi al di fuori delle logiche troppo legate alla rigidità di bilancio imposte dalla Germania.  

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