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mercoledì 9 dicembre 2015

Le cause del voto francese

Il risultato elettorale francese è ora accolto con paura, soprattutto dai rappresentanti delle istituzioni europee, ma non si discosta da quanto ampiamente previsto; certo vedere ufficiali cifre che prima erano soltanto preventivate può fare un certo effetto, ma soltanto negli sprovveduti o in chi si manifesta fintamente sorpreso. Si è voluto interpretare il voto francese come una diretta conseguenza degli attentati di matrice islamica, in realtà i tragici fatti di Parigi possono avere fatto guadagnare al Fronte Nazionale soltanto un piccolo quantitativo di voti in più di quelli che le vere ragioni del voto avevano già determinato da tempo. Il successo d Marine Le Pen, come era stato previsto senza troppi dubbi, è dovuto alla crisi economica e ad un pessimo comportamento dell’Unione Europea, che con l’applicazione troppo rigida dei vincoli di bilancio, ha creato povertà nelle classi medie ed aumentato la diseguaglianza nella popolazione creando troppi poveri ed una disponibilità economica troppo elevata in una parte molto piccola dei francesi. Non è un caso che, sebbene il movimento di estrema destra attraversi in modo trasversale la società francese, la maggioranza dei votanti del Fronte Nazionale sia rappresentata da operai, cioè da coloro, che più hanno pagato il prezzo della crisi economica. L’elettorato francese sembra essere arrivato a questa scelta per esclusione: dopo il fallimento della politica della destra moderata si è passato ai socialisti, i quali, a loro volta, non hanno invertito la crisi, mantenendo la politica rigorista imposta da Bruxelles: l’ultima scelta disponibile è stata, quindi, quella dell’estrema destra, oltre la quale non resta che un incremento massiccio dell’astensionismo. Questa situazione sembra da imputare maggiormente alle scelte dell’Unione Europea che ha compresso troppo il livello della qualità della vita della maggioranza dei francesi, e di altri popoli europei, sottraendo in modo errato sovranità nazionale, senza dare in cambio alcun beneficio tangibile per la maggioranza della popolazione. Quella che sembrava una percezione si è trasformata nella certezza che ha godere dei vantaggi che dovevano derivare dall’Unione Europea siano stati i grandi gruppi finanziari ed industriali e, come paese nazionale, soltanto la Germania, che, infatti, è stata l’autrice delle misure restrittive. Il pericolo che l’Unione Europea finisca in un tempo stimato in circa dieci anni è fortemente concreto: Marine LE Pen punta a diventare Presidente della Francia ed occupando la massima istituzione del paese si propone, non di uscire da Bruxelles, ma di riguadagnare parti consistenti di sovranità perduta e di abolire la moneta unica. L’unione Europea si ridurrebbe così ad una associazione sovranazionale con competenze limitate, probabilmente meramente consultiva, con una progressiva riduzione di poteri tale da fare svanire il progetto degli Stati Uniti d’Europa. D’altro canto non occorre essere d’accordo con le idee politiche di Marine Le Pen, per prendere atto di come Bruxelles abbia mancato i suoi compiti istituzionali per cui si era fondata l’Unione, appiattendosi troppo sulle esigenze della grande finanza e piegandosi allo strapotere tedesco in maniera troppo arrendevole. Con queste premesse, peraltro durate troppo a lungo, era inevitabile una reazione degli elettori che si rifugiano nei movimenti che cercano di combattere la politica di Bruxelles, anche se non sono sempre sinceri nei loro propositi, ovvero usano la scusa europea per raggiungere altri obiettivi. Il dato politico delle elezioni francesi annuncia che questo scenario è destinato a ripetersi ed ora sarà più difficile invertire questa rotta, tuttavia resta ancora margini di manovra all’Europa: consentire una crescita economica interna in grado di allargare le opportunità di lavoro ed innalzare il benessere generale, anche pagando il prezzo di un incremento del deficit è l’unica alternativa per fermare il malcontento generale che può portare ad una crisi delle democrazie.

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