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mercoledì 16 marzo 2016
Le ragioni del ritiro russo dalla Siria
Il ritiro delle forze armate di Mosca dalla Siria, non è stato così improvviso come è sembrato, ma è stato conseguenza di profondi ragionamenti, che non hanno giustificato una permanenza più lunga sul suolo siriano. Il primo scopo della Russia era quello di rientrare da protagonista assoluta sulla scena internazionale, con un’azione, che poteva sembrare avventata, ma che ha permesso di raggiungere diversi obiettivi. L’azione militare, infatti, ha legittimato la riapertura di na visone multipolare del trattamento delle situazioni di crisi, che era ormai un fatto, che riguardava principalmente gli Stati Uniti. Sulla questione siriana, che potrebbe aprire una nuova era delle relazioni diplomatiche, Mosca è ormai sullo stesso piano di Washington, con la quale condivide il ruolo, insieme alle Nazioni Unite, di presiedere al processo di pace. Questo fattore implica l’obbligo degli Stati Uniti di trattare con la Russia da pari a pari e, di fatto, rompe l’isolamento diplomatico che l’occidente aveva imposto alla Russia per la questione Ucraina e permette al Cremlino di porsi come interprete di primo piano delle problematiche internazionali, un ruolo perso con la fine dell’impero sovietico. Ma l’avventura siriana è stata dettata anche da motivazioni di ordine pratico: le basi russe in Siria, sono sempre state giudicate di importanza strategica fondamentale ed un eventuale crollo di Assad, non assicurava un futuro altrettanto sicuro alla permanenza dei militari russi nel Mediterraneo; quindi il cambio di regime era da evitare, ma non solo, occorreva garantire a Damasco una continuazione al potere, evitando che il regime venisse sconfitto. Alla vigilia dell’operazione russa l’esercito regolare siriano si stava sfaldando ed aveva perso troppe posizioni per consentire ad Assad di mantenere il potere; tutto questo a vantaggio di forze sunnite finanziate da Arabia Saudita e Turchia, che volevano prendere il controllo del paese. Mosca aveva intravisto anche una ambizione americana ad esercitare un controllo sulla Siria, dietro le manovre saudite e turche, in realtà questa ipotesi poteva essere valida all’inizio del conflitto, poi le divergenze tra Washington ed i due stati sunniti, anche per il loro comportamento ambiguo con lo Stato islamico, hanno determinato un sostanziale atteggiamento molto più prudente da parte della Casa Bianca, che, in parte, è stato responsabile dell’evoluzione del conflitto. Il ritiro dal terreno siriano ha anche lo scopo di evitare un maggiore coinvolgimento dell’esercito russo, con l’impiego massiccio di truppe di terra, che potrebbe configurarsi come il nuovo Afghanistan, situazione molto sgradita all’opinione pubblica russa, al momento pienamente gratificata, dal punto di vista nazionalistico, dalla dimostrazione di forza del Cremlino; inoltre Mosca ha anche dovuto mettere uno stop al costo della missione, diventato troppo elevato per la situazione economica attuale della Russia, che patisce, sia le sanzioni occidentali, che il calo del prezzo del greggio. Sul futuro del conflitto siriano l’intenzione di Mosca è quella di costringere Assad, ora che ha scongiurato il pericolo di una transizione politica senza la sua presenza, ad affrontare una trattativa, che giustifichi ed esalti il ruolo russo nella crisi siriana, che possa concludersi con il raggiungimento della pace; questo intendimento nasconde l’intenzione russa di prepararsi anche ad una soluzione che non contempli Assad al potere, ma faccia risaltare il ruolo della Russia come pacificatrice anche ad un eventuale nuovo governo, con il quale mantenere le relazioni diplomatiche e le basi militari in territorio siriano.
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