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mercoledì 20 luglio 2016
La Turchia non è più un alleato affidabile
Quale è il vero golpe? Quello effettuato con modalità dilettantistiche e sgominato in poco tempo o quello che il presidente turco sta attuando, azzerando ogni possibile opposizione, non solo politica, presente e futura? I numeri di cui si parla sono di un ordine di grandezza enorme: gli arrestati, infatti, sarebbero oltre diecimila, mentre i funzionari e dipendenti pubblici estromessi dai loro posti arriverebbero a cinquantamila, in cui sono compresi,oltre ai giudici, che hanno subito la prima ondata di repressione, anche gli insegnanti ed i professori universitari non allineati alle posizioni di Erdogan. Ma l’azione contro il dissenso è stata indirizzata anche verso il settore privato e quello religioso, dove i giornalisti contrari alle idee del presidente turco hanno subito il licenziamento, così come gli imam non allineati alle posizioni religiose e politiche di Erdogan. Si tratta di una repressione che mette la Turchia sullo stesso livello degli stati più autoritari, ma che sorprende per la vicinanza alle istituzioni europee ed a quelle dell’Alleanza Atlantica. Un simile modo di agire non può essere tollerato dalle nazioni occidentali, che, tuttavia, mantengono ancora un atteggiamento troppo ambiguo con Ankara, lontano dalla condanna più ferma: un comportamento che denota anche come le cancellerie occidentali fossero totalmente impreparate a questa dimostrazione di forza, troppo veloce per non essere stata accuratamente preparata prima. Ma se si analizzano i comportamenti che Erdogan ha tenuto fino ad ora la sorpresa non può essere tale. I fatti di questi giorni sembrano la naturale prosecuzione dell’azione di un uomo politico spregiudicato, che apprezza la democrazia nel senso completo del termine, ma la usa come strumento per i suoi fini. Anche come alleato Erdogan si è rivelato inaffidabile, mantenendo una condotta ambigua sul caso dello Stato islamico, che avrebbe dovuto essere sanzionata fin dall’inizio. L’occidente, alle prese con i propri problemi ha lasciato troppo campo libero al presidente turco, mantenendo un atteggiamento di condiscendenza troppo simile a quello tenuto con le primavere arabe e le loro conseguenze. La mancanza di azione occidentale ha generato mostri politici, come l’attuale governo egiziano, la confusa situazione libica, la permanenza al potere di Assad, l’instabilità mediorientale, partita dalla pessima gestione dell’Iraq ed ora un regime islamico autoritario al confine dell’Europa. Sembra che la situazione dei paesi arabi e della Turchia, influenzati da una presenza islamica non riesca a trovare un equilibrio e ciò è dipeso anche dalla sottovalutazione dell’elemento religioso presente in questi paesi. Se l’Egitto ha reagito alla dittatura dei Fratelli musulmani, legittimamente eletti, ma con la ferma intenzione di applicare la sharia come legge fondamentale del paese, con una dittatura militare ancora più violenta, la Turchia ha subito una regressione protratta nel tempo da paese laico a stato dove l’elemento religioso ha preso il sopravvento, grazie ad una opera costante di erosione dei diritti civili operata da Erdogan. L’azione del presidente turco è stata talmente penetrante che neppure le forze armate hanno conservato il loro potere, come è invece successo in Egitto ed il fatto che l’epurazione miri a cancellare ogni possbile altra forma di dissenso evidenzia un piano dove il controllo del potere tende ad essere esercitato in forma praticamente assoluta. Quindi ora i paesi occidentali devono valutare attentamente come rapportarsi con una nazione che da alleato o quasi, diventa un potenziale nemico proprio per la struttura di potere che ha sviluppato al suo interno e che, comunque, non offre più alcuna garanzia, se non quelle di opportunismo, e non sono poche, per mantenere un rapporto. Questo perchè la Turchia è materialmente sui confini europei molto più che gli stati che sono sulla sponda meridionale del Mediterraneo ed inoltre, particolare non secondario è dentro l’Alleanza Atlantica. Tuttavia sembra essere arrivato il momento di non essere più i paladini dei diritti soltanto a parole: diventa necessario uno sforzo che consenta di prendere le distanze da chi non rispetta le libertà civili anche a costo di pagarne un prezzo. Anche perchè, al contrario il prezzo da pagare sarebbe comunque alto e negherebbe i principi sui quali sono fondati gli stati occidentali. Questa riflessione ha però più probabilità di restare teorica, perchè i problemi immediati e contingenti, la ragione di stato ed anche le tante imminenti consultazioni elettorali che verranno effettuate negli USA ed in Europa non possono che favorire Erdogan, sicuramente capace di sfruttare questi momenti di debolezza dei nostri sistemi, che nel suo si avvia a cancellare facendo diventare la Turchia una finta democrazia.
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