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mercoledì 28 settembre 2016

La Corte penale internazionale emette la prima sentenza di condanna per distruzione di beni culturali

La condanna della Corte penale internazionale, emessa a carico di un fondamentalista islamico per la distruzione di monumenti tutelati dall’UNESCO, avvenuta nello stato africano del Mali, costituisce un punto fermo per la giurisprudenza internazionale e fornisce la base per più articolate forme di tutela del patrimonio artistico. Se in alcuni stati, specie in occidente, la legislazione vigente protegge i manufatti di rilevanza storica ed artistica, fino ad ora la Corte penale internazionale non si era mai pronunciata su questa materia, equiparando come crimini di guerra la distruzione del patrimonio artistico. La rilevanza del giudizio della Corte penale internazionale deve essere inquadrata in un panorama molto più vasto rispetto a quello a cui si riferisce la sentenza; infatti la triste prassi di distruggere monumenti storici di immenso valore culturale è diventata consuetudine nei gruppi estremisti, non solo islamici, per giustificare una presunta superiorità religiosa. Parallelamente al fenomeno della distruzione, si è sviluppato quello della spoliazione dei siti archeologici, in funzione di alimentare un mercato dei beni artistici di contrabbando. In definitiva la giustificazione religiosa è servita per affermare gesti inconsulti diretti a rafforzare l’immagine dei gruppi autori delle distruzioni e, nel contempo, gli ha aperto una nuova via di finanziamento. Alcuni attivisti dei diritti umani hanno, giustamente, sottolineato come l’imputato abbia ricevuto la condanna solo per le distruzioni del patrimonio culturale, senza nulla pagare per i delitti contro le persone, come gli stupri e la riduzione in schiavitù di numerose persone; queste critiche appaiono giuste, perchè l’imputato doveva essere processato e condannato anche per questi crimini, ma ciò rappresenta un rilievo al caso specifico, che non inficia il valore storico di una sentenza, di valore internazionale, appunto, che per la prima volta condanna le violenze al patrimonio culturale, intese, non solo come fatto delittuale a se stante, quanto come danno procurato, sia alla comunità dello stato in cui sono avvenute, che, in senso più ampio, alla comunità internazionale tutta. Si tratta, specialmente proprio per questo secondo aspetto, di una vera e propria rivoluzione, perchè viene assunta l’idea discriminante che il patrimonio culturale, inteso nel senso più ampio della definizione, appartenga a tutta la comunità mondiale. Questo significa, tra le altre cose, che, per quelli stati che non sono dotati di una legislazione apposita, la Corte penale internazionale può intervenire in difesa di beni culturali danneggiati. Avere assunto come principio fondamentale che un bene artistico in quanto tale è patrimonio artistico di tutta l’umanità, riconosce l’importanza del rilievo anche storico del manufatto, introducendo in senso giudiziario, che la lesione di qualsiasi bene culturale rappresenta un delitto contro l’intera umanità. La portata di questa decisione potrebbe e dovrebbe avere effetti pratici per la tutela dei monumenti, come la creazione di corpi internazionali preposti a questa funzione, come già succede in al cuni paesi, come ad esempio l’Italia; o almeno dell’impiego in questo senso delle forze delle Nazioni Unite o comunque di altre nazioni, impegnate in funzioni di pace o come contrasto a forze terroristiche. La sentenza implicitamente riconosce la condanna del danneggiamento del patrimonio artistico proprio di una determinata zona o di una etnia o di un gruppo religioso come violenza contro queste fattispecie da parte di soggetti terzi, in questo caso gli estremisti islamici, effettuata con l’intento di cancellare le testimonianze e la storia culturale, cioè aspetti che vanno aldilà del singolo monumento, ma che si concretizzano con la sua distruzione, di una ben definito segmento di rilevanza sociale, ritenuto di parte avversa, rispetto a chi compie la distruzione. Non appare azzardato, seppure con tutti i necessari distinguo, paragonare la distruzione della memoria storica di una comunità, con la volontà di praticare la pulizia etnica, di cui, anzi, proprio questa pratica è entrata a fare parte. LA rilevanza della decisione della Corte penale internazionale diventa, quindi, un punto di partenza per la tutela della memoria storica e della sua rilevanza, all’interno di un quadro che riconosce l’importanza di ogni singola cultura nella comunità mondiale, proprio perchè ne ha contribuito alla formazione dello sviluppo.

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